Chi trova Spinazzola, trova un tesoro

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Siamo ai Quarti di Finale ed affronteremo il Belgio, questo è ciò che conta, soprattutto in una nazionale che può considerarsi “squadra” a tutti gli effetti. I risultati infatti non sono arrivati dalle prodezze dei singoli top player, ma grazie al lavoro del gruppo. Nonostante questo preambolo volto ad esaltare la dimensione collettiva della nazionale italiana, è necessario fare un discorso a parte per un giocatore, Leonardo Spinazzola.

Spinazzola nominato Star of the match dalla UEFA sia contro la Turchia che contro l’Austria.

Parlare di Spinazzola come il terzino sinistro dell’Italia è riduttivo, quasi offensivo nei suoi confronti. Il numero 4, dopo la stagione da protagonista con la Roma di Fonseca, sta confermando questa natura di punto di riferimento anche all’Europeo. I compagni lo cercano, si fidano ciecamente. D’altronde sanno che è, insieme a Chiesa, il giocatore che più di tutti ha la capacità di accelerare e creare superiorità numerica. Chi trova Spinazzola, trova un tesoro. Prototipo dell’esterno moderno, concilia fisicità (data dai suoi 186 cm di altezza) e tecnica. Quanto a questa, ormai non sorprendono più le doti da quasi-regista: un regista atipico diremmo, che gioca sulla corsia laterale, ma dai cui piedi passa una consistente percentuale delle azioni d’attacco dell’Italia.

La qualità, ma soprattutto la lucidità con cui nei tempi supplementari contro l’Austria traccia la parabola che trova Chiesa davanti al portiere avversario, dovrebbe rendere l’idea della dimensione del giocatore. Sia che arrivi sul fondo, sia che decida di accentrarsi e convergere sul piede destro, il suo preferito, mette sempre in difficoltà chi lo affronta. Se non sono Insigne o i centrocampisti a trovarlo tra le linee, è lui a puntare l’uomo. Una cosa è certa, Spinazzola è innegabilmente il pericolo numero uno delle difese avversarie, lui che dovrebbe essere un difensore.

Spinazzola in azione contro l’Austria.

Parlando di esterni bassi moderni, solitamente le figure sono quelle di giocatori totalmente proiettati in fase offensiva, che tralasciano quella difensiva. Ed è forse questo il motivo per il quale nella Roma di quest’anno Spinazzola ha giocato sempre come quarto di sinistra nel centrocampo disegnato da Fonseca. Probabilmente il portoghese ha preferito evitare ulteriori lacune difensive quando a rimediare non c’erano Chiellini e Bonucci, ma difensori che non sempre trasmettevano stabilità. Questa Italia, invece, può permettersi un giocatore prevalentemente di spinta, che tuttavia ha dato risposte convincenti anche quando chiamato in copertura. È davvero difficile togliersi dalla testa la diagonale che nel primo tempo supplementare Spinazzola esegue alla perfezione contro un’Austria lanciata in contropiede. Come anche il contenimento di Under, appena entrato e ancora in contropiede, nel secondo tempo della partita contro la Turchia. Inoltre, non si risparmia mai e va perennemente a raddoppiare la marcatura.

È banale scrivere di qualcosa che va molto bene senza però mettere in luce anche le componenti negative e problematiche. Sembra un sogno, ma al momento è a dir poco pretestuoso rivolgere a Spinazzola degli appunti o suggerire delle migliorie. Sta vivendo il periodo di forma migliore della sua carriera ed è immarcabile per gran parte degli avversari. Lui che un anno fa sembrava destinato a non esplodere mai più, oggi ha raggiunto e superato i livelli dell’Atalanta di Gasperini, tanto per cambiare. Si sta affermando come un top nel suo ruolo e le sirene dei top club non tarderanno a suonare l’allarme.

Francesco Saulino.

Il derby sulle panchine della capitale

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La Roma calcistica è addormentata da qualche anno. La piazza manca di quel fervore tipico dei primi anni 2000, con tanti campioni e grandi allenatori.
Dalle parti di Trigoria non si vedono trofei da 13 anni. Solo qualche buon piazzamento in campionato e due semifinali europee. Tanta qualità, pochi risultati.
Dall’altra sponda del Tevere, invece, si chiude un ciclo guidato dal piacentino Simone Inzaghi. Un ciclo di grande crescita che ha fruttato ben tre trofei nazionali: una Coppa Italia e due Supercoppe italiane. E in particolare una qualificazione in Champions che non si vedeva dal lontano 2007. Tanto bel gioco, e un sogno scudetto svanito.

Quest’anno i Friedkin, in seguito all’addio di Fonseca, hanno regalato in totale silenzio uno dei più importanti allenatori della storia: sia per palmarès, che per carisma. Josè Mourinho sta facendo già impazzire la Roma giallorossa.
Lotito d’altra parte non ha voluto farsi parlare dietro, e per rispondere alla proprietà americana porta a Formello Maurizio Sarri.
Le due squadre della capitale hanno finalmente a disposizione due grandi allenatori, all’altezza della stracittadina di Roma, che deve tornare a brillare ad alti livelli.

L’ingaggio di Mourinho, annunciato sui canali social il 4 maggio, è stata una luce nel tunnel buio della stagione 2020-21, guidata da Paulo Fonseca.
I romanisti che fino a quel pomeriggio stavano passando uno dei peggiori momenti degli ultimi anni, reduci dal 6-2 contro il Man United, ricevono una notizia che rialza il morale in città. Murales, canzoni, cori e voli in borsa del 21,02 % in una sola giornata.

Lo Special One subentra ad un altro portoghese che durante il corso dei suoi due anni ha portato appena una semifinale di Europa League persa malamente e collezionato un quinto e un settimo posto, (rispettivamente Europa League e Conference League).
Il gioco tanto decantato del tecnico portoghese non ha portato i risultati sperati: è mancata concretezza e personalità nelle partite importanti. Testimonianza ne sono gli scarsi risultati di quest’anno negli scontri diretti contro le Big: una sola vittoria, nel derby alla penultima giornata.

Lo Special One sarà importante soprattutto per il carattere e l’impronta che sa mettere sulle sue squadre: tanta grinta e determinazione. Il carattere internazionale e vincente di Mourinho è fondamentale in una piazza come Roma che non alza un trofeo da tanti anni.
Ad ogni modo i risultati ottenuti da Mou nelle sue ultime esperienze non sono dei migliori. Con il Tottenham non è riuscito a continuare ciò che era stato creato da Pochettino. I suoi ultimi titoli risalgono al 2017 quando vinse una Coppa di lega e un’Europa League con i Red Devils, poi il vuoto.

A Roma, con molta probabilità, si schiererà con un 4-2-3-1. L’undici titolare è per lo più già costruito. Il problema più grande, come da diversi anni a questa parte, è lo sfoltimento di una rosa fin troppo ampia. Servono acquisti mirati, a basso costo, e parametri zero. Per andare anche incontro alle esigenze della proprietà che si ritrova con più di 400 milioni in rosso.
Manca l’acquisto di un portiere e un centrocampista da affiancare a Veretout. I nomi sono quelli di Rui Patricio, connazionale dell’allenatore, e Xhaka con il quale si è già raggiunto un accordo. La difesa è ben coperta, con quattro centrali molto validi, e due esterni, Karsdorp e Spinazzola che danno grandi garanzie.

La trequarti presumibilmente sarà formata da Mkhitaryan, con cui sembra aver riacquisito il feeling giusto, dopo l’esperienza di Manchester. Pellegrini, capitano e sempre più insostituibile. E il ritrovato Zaniolo, a spingere sulla destra dopo due anni di assenza. Proprio Mourinho durante questi anni si è interessato al giovane talento italiano per portarlo agli Spurs.
L’incognita sarà davanti con Dzeko che nella stagione scorsa aveva raggiunto l’accordo di un divorzio a fine anno. Tutto ciò però è rimesso in discussione, in quanto Mourinho ha dimostrato proprio la volontà di trattenerlo nella capitale.
Quegli “zeru tituli” pronunciati dallo stesso portoghese in una conferenza stampa da allenatore dell’Inter, nel lontano 2009, sono rimasti tali. I romanisti sperano possano diventare qualcosa di più.

Sull’altra sponda del Tevere invece sbarca il comandante toscano.
Lotito riesce a regalare un grande colpo ai suoi tifosi, dopo le voci di plausibili allenatori con minore appeal.
Maurizio Sarri non ha bisogno di presentazioni. È colui che è riuscito a riportare il bel gioco in Italia, così come non si vedeva da tanti anni. A tal punto da meritarsi un termine tutto nel suo nel dizionario, associato al suo modo di gioco: il Sarrismo.

La Lazio perde un perno fondamentale della sua storia, Inzaghi, andando però incontro ad uno dei migliori allenatori degli ultimi tempi. Il Toscano porta una ventata di aria fresca e nuova. Il bel gioco con dei fantastici individui potrebbe scaturire una esplosione di bellezza. Milinkovic, Luis Alberto, Immobile, Correa e qualche nuovo innesto farebbero al caso di Sarri. Portando la società ad ambire ad obiettivi più alti rispetto alle coppe nazionali vinte in questi anni con Inzaghi. La Lazio difatti quest’anno dovrà affrontare un’Europa League alla sua portata, che se giocata con convinzione potrebbe riportare un trofeo europeo nella corte biancoceleste dopo tanti anni.

Ma attenzione alla rosa: il tecnico Toscano dovrà far fronte a una squadra che per molti anni ha usato un modello di gioco opposto al suo. Sarri imposterà con ogni probabilità una difesa quattro. Il suo classico 4-3-3 che ha fatto divertire a Napoli; oppure un 4-3-1-2 come a Empoli o Torino.

Il centrocampo potrebbe essere confermato in blocco, con due mezzali di livello internazionale: Milinkovic e Luis Alberto. L’unico dubbio è quello riguardante Leiva, che vista l’età non da più quelle garanzie di qualche anno fa. Infatti sulla mediana potrebbe essere impiegato Luis Alberto, alla Jorginho, andando poi ad acquistare una nuova mezzala. Oppure direttamente un mediano di livello lasciando svariare sul fronte offensivo lo spagnolo di San José del Valle. Per la difesa si è già fatto il nome di Hysaj e Maksimovic, giocatori pronti e che conoscono il tecnico. Lazzari che è sempre è stato abituato a giocare principalmente come esterno nei cinque di centrocampo, trova più difficoltà e dovrà adattarsi alle maniere di Sarri se vorrà mantenere il posto nell’undici titolare.

L’attacco a tre, vista la presenza di Correa, prevede l’acquisto di due o tre esterni, per un’alternanza valida nelle tre coppe. La pazza idea è quella di Insigne. Possibile per il legame che il giocatore ha con l’allenatore, con Immobile, e con il Sarrismo, ma molto difficile per le cifre economiche e l’amore che lega il giocatore a Napoli.
Inoltre arrivando a Roma, Sarri sarà l’unico allenatore che vanterà il prestigio di aver allenato entrambi i giocatori con il record di gol in Serie A, 36: Immobile e Higuain.


La Lazio con Sarri dovrà abituarsi ad un gioco molto più concentrato. Linee di gioco più ravvicinate e meno ampiezza rispetto al modo di gioco di Inzaghi. Minore uso delle fasce, su cui la Lazio invece ha basato il gioco in questi anni, con Lazzari, Lulic e Marusic negli ultimi tempi.
Gli aspetti di gioco si distinguono sotto vari punti. La Lazio dell’ex Simone Inzaghi sfruttava molto le ripartenze e il campo aperto. Mentre Sarri ha sempre cercato di costruire delle formazioni padrone del gioco, in grado di mantenere un palleggio continuo, con combinazioni strette.
L’attuale rosa della Lazio è sicuramente ispirata ad un modello differente, ma con acquisti funzionali al gioco dell’allenatore toscano la Lazio potrebbe proporre un calcio affascinante e bello da vedere.

Il derby di Roma è già cominciato. Le società hanno messo sulle loro panchine due pezzi grossi. Due personaggi agli antipodi. Il bel gioco e la personalità. Tuta e giacca. Sono diversi, ma forti, all’altezza di Roma, e hanno il compito di farla risplendere.

Pronostici 19 Giugno: Euro2020

Ci siamo per un’altra giornata di Euro2020, ed ovviamente non possono mancare i nostri pronostici!

Sono tre le partite odierne (Ungheria – Francia, Portogallo – Germania, Spagna – Polonia), per una giornata molto difficile.

Per questo motivo abbassiamo, come detto da due giorni, lo Stake (noi su tutte queste giocate abbiamo puntato complessivamente meno dello Stake solito per le singole).

RADDOPPIO

UngheriaFrancia2 + Over 1.5Q. 1.53
SpagnaPolonia1Q. 1.38
QUOTA TOTALE 2.11

Motivazioni:

La Francia è la grande favorita per la vittoria dell’Europeo. All’esordio ha sconfitto la Germania con un autogol di Hummels, ma sul piano del gioco è stata nettamente superiore. Adesso vorrà archiviare la qualificazione (senza doversela giocare alla terza con il Portogallo), e soprattutto gli attaccanti vorranno sbloccarsi (su tutti Mbappe e Benzema).
Nonostante l’Ungheria giocherà davanti al suo pubblico, i galletti dovrebbero vincere agevolmente.

Spagna – Polonia è invece una partita non così scontata, ma le furie rosse devono necessariamente vincere. La Polonia è una squadra non così forte (solamente Lewa e Zielinski), allenata da un Paulo Sousa che non ci convince. Puntiamo sulla voglia di andare avanti della Spagna (sperando che giochi Gerard Moreno titolare).

SINGOLA 1

Per le motivazioni di cui sopra, andiamo a puntare anche su una singola:
UNGHERIA – FRANCIA 2 H (-1) QUOTA 1.85

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Union Berlino e i suoi tifosi, una simbiosi lunga un secolo

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Trovare storie romantiche da raccontare, soprattutto nel calcio moderno, è molto raro. Quella che vi racconteremo oggi affonda le sue radici nel 1906 e, dopo guerre, morti e crisi finanziarie, è oggi una bellissima realtà. Stiamo parlando della singolare storia dell’Union Berlino.

La squadra della capitale nasce agli inizi del XX secolo grazie alla fusione di tre società. Questa fusione durò pochi anni e nel 1909 l’Union decise di proseguire da sola, ottennendo buoni risultati fino ad arrivare in Verbandsliga, prima serie della Lega locale. Ma nel 1917 arrivano i primi problemi. Infatti la società berlinese, come tutte le altre società,  dovette farei conti con la prima guerra mondiale. Oltre la metà dei giocatori furono arruolati e 4/5 di loro morirono. Terminato il conflitto l’Union Berlino ricominciò l’attività sportiva in modo molto positivo, vincendo per la prima volta il campionato brandeburghese. Questo comportò l’approdo alla fase finale del campionato nazionale, dove raggiunse prima i quarti di finale e tre anni dopo la finale (persa contro l’Amburgo). Dopo questi risultati però la squadra non riuscì a ripetersi, entrando un periodo di difficoltà. Proprio nelle difficoltà però si vedono i tifosi. Infatti i supporter della squadra si diedero il nome di Eisern Union (Unione di ferro), a dimostrazione della forte simbiosi col club. Non a caso, la maggior parte dei giocatori veniva da famiglie operaie. L’avvento del nazismo peggiorò la situazione e la squadra continuò il suo periodo buio. Nel 1940 però vinse di nuovo il campionato distrettuale, qualificandosi per la fase finale del campionato nazionale. Con la fine della seconda guerra mondiale le cose, se possibile,  peggiorarono ulteriormente. Infatti le forze alleate decisero di smantellare tutte le associazioni della Germania nazista, anche quelle sportive, inoltre vietando anche la creazione autonoma di nuovi club ad eccezione delle autorità municipali. L’Union dovette quindi usare una nuovo nome: SG Oberschöneweide. Nel 1948 il divieto decadde e la società tedesca prese il nome di SG Union 06 Oberschöneweide. Due anni dopo la squadra fu ammessa in DDR-Oberliga, ovvero la prima divisione della Repubblica Democratica Tedesca (la Germania Est). L’Union, sul campo arrivò quindicesima e viene retrocessa, sennonché venne salvata dalle autorità che volevano mantenere due squadre della capitale nella massima serie, ma ad una condizione: che si unissero alle società sportive del dopolavoro cittadine. L’Union dunque cambiò di nuovo il nome in BSG Motor Oberschöneweide. Negli anni successivi la società cambiò più volte denominazione e asset societari. Questo perché dietro ad essa ci sono le forze politiche che non vogliono rinunciare all’Union.

Tutto cambia nel 1966. In questo anno, infatti, avvenne una rivoluzione nel mondo del calcio della DDR. Le autorità dello sport decisero che ogni distretto della Repubblica Democratica Tedesca doveva avere una sola squadra nella massima serie. Ad eccezione, anche in questo caso, di Berlino. Qui infatti, sia la Stasi (il Servizio Segreto), sia l’esercito pretesero che i rispettivi club (la Dynamo e il Vorwärts) rimanessero in prima fascia. Il presidente della Federazione sindacale nazionale, Herbert Warnke, per parità di trattamento, chiese di mantenere anche un club civile “per i lavoratori”. Così il 20 gennaio 1966 venne fondato il 1. Fussballclub Union Berlin. La neonata società si piazzò al sesto posto dell’Oberliga, garantendosi così la possibilità di disputare la Coppa Intertoto. Nel 1967 l’Union conquistò il suo primo trofeo vincendo la Coppa di Germania dell’Est. Questo permetterebbe alla squadra di Berlino di disputare la Coppa delle Coppe, ma ancora una volta, la complicata situazione politica e militare (siamo nel pieno della Primavera di Praga) complicò la vita alla squadra. La UEFA decise infatti di evitare tutte le possibili partite tra squadre dell’Europa occidentale e dell’Europa dell’Est. Dopo qualche anno tra alti e bassi, agli inizi degli anni ’70, cominciò la forte rivalità tra l’Union Berlino e la Dynamo Berlino. La squadra dei lavoratori però nel 1973 non riuscì ad evitare la retrocessione. Risalita in Oberliga nel 1976, l’Union ottenne due importanti vittorie contro i rivali della Dynamo. Ciò comportò un afflusso di nuovi dei tifosi. Gli Eisernen però non combattevano per le zone alte della classifica e dunque tifare l’Union era più una protesta verso le autorità della Repubblica Democratica. Nel 1989 , dopo la riunificazione della Germania sia a livello politico-territoriale, sia a livello calcistico, la federcalcio tedesca, visti i problemi economici delle società dell’est, decise di assegnare loro solo 2 posti in Bundesliga e 6 in 2.Bundesliga (la nostra Serie B) attraverso un doppio turno di qualificazione. L’Union, pur superando il primo turno, non riuscì ad imporsi nel secondo, aggiudicandosi così un posto nella NOFV-Oberliga (terza serie semiprofessionistica). Ciò comportò la perdita di molti calciatori e l’abbandono di molti tifosi. Per vari anni l’Union cercò la promozione senza però riuscirci.

Nel 1997 le cose si complicarono ulteriormente poiché la crisi finanziaria mise a rischio l’esistenza dell’Union Berlino. I tifosi Eisernen, con una manifestazione presso la Porta di Brandeburgo, corsero in soccorso della squadra per evitare il fallimento, sollecitando l’entrata di nuovi investitori. La manifestazione diede i suoi frutti: la società evitò il fallimento grazie alla stipula di un contratto con la Nike. Gli anni seguenti la situazione non migliorò e la squadra, pur occupando costantemente i vertici della Regionalliga (nuova denominazione della terza serie), non riuscì ad accedere alla 2. Bundesliga. I tifosi però manifestavano sempre il loro sostegno alla squadra, lanciando raccolte fondi per aiutare la società. Questa iniziativa prese il nome di Fünf Mark für Union (Cinque Marchi per l’Union). Inoltre decisero di saltare alcune trasferte per destinare il costo dei biglietti alla società. Nel 1998 l’Union venne definitivamente salvata grazie la ricapitalizzazione da parte dell’imprenditore Michael Kölmel.

Con l’arrivo del nuovo millennio, finalmente la squadra della capitale, dopo aver vinto il girone della terza divisione, riuscì a salire in 2.Bundesliga. Non solo, l’Union raggiunse anche la finale di Coppa di Germania, con la conseguente storica qualificazione alla Coppa UEFA (finita con l’eliminazione al secondo turno). Gli Eisernen però non riuscirono a continuare su questa buona scia di risultati e nel 2004 retrocessero di nuovo in Ragionalliga (terza divisione); la stagione successiva non andò meglio, anzi si concretizzò un’ulteriore retrocessione in Oberliga Nordost-Nord (quarta divisione). Nel 2005, ancora una volta, l’Union ha rischiato il fallimento. E ancora una volta a salvarla ci hanno pensato i tifosi. Questi, infatti, grazie ad una sottoscrizione popolare raccolsero circa un milione e mezzo di euro. L’iniziativa per salvare la società era molto particolare: i tifosi cominciarono a donare il sangue (in Germania la donazione di sangue viene rimborsata) e il rimborso viene donato alla loro amata squadra. Evitato il fallimento, i biancorossi vinsero il campionato della quarta divisione. Dopo qualche anno, nel 2009, l’Union è tornato in 2.Bundesliga, ma è arrivato l’ennesimo problema: lo stadio non era a norma. Nessun problema, ci pensano i tifosi. I sostenitori biancorossi hanno cominciato volontariamente la ristrutturazione dello stadio. Dopo circa 140 mila ore di lavoro, lo stadio era completo. Nel 2013 la società ha completato i lavori ristrutturando la tribuna centrale. Anche la casa dell’Union ha un nome non convenzionale, molto romantico: Stadion An der Alten Försterei, ovvero “Stadio vicino alla vecchia casa del guardaboschi”, perché sorge vicino ad un bosco, che bisogna attraversare per raggiungerlo. Questo stadio ha una particolarità: i 3/4 dei posti sono in piedi, non ci sono seggiolini, solo gradoni di cemento. Insomma il solito stile spartano che contraddistingue gli Eisernen. Ma la crescita non ha riguardato solo lo storico stadio dell’Union Berlino. La squadra infatti ha conquistato risultati sempre più importanti, fino ad arrivare, nel 2019 ad ottenere, dopo aver vinto lo spareggio contro lo Stoccarda, la prima storica promozione in Bundesliga. Nella stagione 2019/20, all’esordio assoluto nella massima serie tedesca gli Eisernen hanno raggiunto la salvezza con due giornate di anticipo.

L’Union Berlino come abbiamo visto è una società unica. Il rapporto con i tifosi non è minimamente paragonabile a nessun’altra società calcistica. Il legame che lega queste due parti va ben oltre la passione. L’Union non è solo una squadra, è una famiglia. Questo senso di appartenenza e sacrificio tra società e tifosi si vede anche nei giocatori che scendono in campo. I biancorossi sono consapevoli dei loro limiti, sanno di non avere delle grandi doti tecniche e quindi non possono pensare di comandare le partite, facendo del possesso palla il loro stile di gioco . Gli Eisernen, però, hanno una cosa che poche, pochissime squadre hanno: l’unione. Infatti gli uomini di mister Fischer possono vantare la quarta miglior difesa del torneo, anche migliore degli alieni del Bayern Monaco. Lo stile di gioco dell’Union non è sicuramente uno di quegli stili che fa stropicciare gli occhi, ma certamente è molto efficace. Il tecnico dei biancorossi alterna il 4-2-3-1 al 3-4-1-2 in base anche agli uomini che ha a disposizione, cercando di creare molta densità in mezzo al campo. Infatti la squadra di Berlino è molto abile nel chiudere gli spazi centrali, mandando gli avversarsi sulle fasce. I biancorossi fanno del contropiede la loro arma migliore, affidandosi per le ripartenze al giocatore più tecnico della squadra: Max Kruse. La squadra di Berlino, dopo una prima stagione nella massima serie, ha deciso di puntare sull’esperienza del giocatore tedesco per provare a puntare più in alto. Questa scelta ha dato i suoi frutti. Infatti Kruse è un giocatore fondamentale per il tecnico Fischer e, quando non è alle prese con problemi fisici, è il fulcro del gioco dell’Union, risultando, nonostante la sua non giovanissima età (33 anni), spesso determinante. Per la seconda punta tedesca sono 22 presenze stagionali condite da 11 reti e 5 assist. Insieme a lui, un altro veterano tedesco ha disputato una grande stagione, guadagnandosi anche la chiamata della sua Austria agli Europei. Stiamo parlando del capitano e terzino destro Christopher Trimmel. Il classe ’87 è uno dei più presenti nell’Union con 31 apparizioni. La sua presenza in campo non solo è molto importante per la grande personalità ed esperienza, ma anche per il contributo ai numeri della sua squadra. Trimmel, infatti, ha fornito 10 assist per i suoi compagni, risultando il migliore degli Eisernen, insieme al trequartista Ingvartsen. L’Union Berlino però non è solo esperienza, ci sono anche giovani (soprattutto in prestito) molto interessanti, come l’attaccante Taiwo Awoniyi. Il classe ’97 è in prestito dal Liverpool e in questa stagione ha messo a segno 5 reti e fornito 3 assist in 21 presenze. Dai Reds è arrivato in prestito anche lo sfortunato portiere Karius, per ritrovare un po’ di fiducia, ma anche stavolta non è andata bene: solo 4 apparizioni. All’ex Liverpool il tecnico Fischer preferisce il più esperto Andreas Luthe. Un altro giocatore interessante, è il sopra menzionato trequartista Marcus Ingvartsen. Il danese classe 1996 ha messo in mostra buone qualità tecniche e soprattutto ottima visione di gioco (7 assist).

Gli Eisernen hanno disputato un ottimo campionato, anche oltre le più rosee aspettative e con il loro settimo posto sono arrivati a meno due dalla Europa League, ma sono comunque riusciti a centrare la qualificazione alla neonata Conference League, anche grazie all’ultima fondamentale e difficile vittoria in rimonta contro il Lipsia. Ciò che emerge dalla storia di questa società è il fortissimo senso di appartenenza che lega ogni componente. L’Union è una squadra storica, che ne ha passate di tutte; in oltre 100 anni di storia è solo alla sua seconda stagione nella massima serie tedesca, ma il sentimento che avvolge dirigenza, squadra e tifosi è unico e si vede molto bene anche in campo. Gli uomini di Fischer non hanno grandi colpi, però sanno che uniti possono raggiungere ottimi risultati. Esempio perfetto ne è la fase difensiva: ogni giocatore è disposto al sacrificio correndo per sé e per il compagno in difficoltà e ciò ha dato i suoi frutti, perché con pochi gol subiti non c’è bisogno di inventarsi chissà che in fase offensiva, solo ripartire e colpire al momento giusto. L’Union Berlino è nata dalla fusione di varie società, ma la parola Union rappresenta proprio il sentimento condiviso da ogni membro di questa società unica. Mai come questa volta si può dire che l’unione fa la forza.

Tommaso Prantera (T_Prantera)

Omnia Euro Cup

Ecco la Classifica completa della Omnia Euro Cup, la nostra competizione pronostici!

Ricordiamo che il primo classificato avrà offerta da noi la Prima giocata del 2021/22, con la possibilità di portarsi a casa oltre 200€.

Come ci presentiamo ad Euro 2020?

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2 Luglio 2016, quarto di finale di Euro 2016, Bordeaux. L’Italia dopo aver passato da prima un girone ostico batte la Spagna campionessa in carica e affronta la Germania. Ad Ozil risponde Bonucci, parità che dura fino al 120° e che ci porta ai rigori, decisi da Hector.
Quella serata, con tutte le istantanee che si porta dietro, è l’ultimo ricordo che abbiamo della nostra nazionale in una grande manifestazione internazionale.
Da lì in poi, l’inimmaginabile, l’apocalisse. La mancata qualificazione all’ultimo mondiale ha provocato un terremoto nel movimento calcistico del nostro paese.
A distanza di tre anni e mezzo da quell’infausta notte dell’autunno milanese passi in avanti ne sono stati fatti.

La nostra nazionale ha avuto la caparbietà di risollevarsi dalle macerie causate dal sisma del 13 Novembre 2017. L’ha fatto grazie ad un percorso guidato da un allenatore voglioso di mostrare ancora il suo valore. Un allenatore che è stato capace di abbinare qualità sia dal punto di vista tecnico che morale. Infatti, oltre ad aver portato l’Italia a proporre un calcio moderno e propositivo come non si vedeva da anni, ha creato un gruppo coeso.
Ma cosa nello specifico è stato fatto da Mancini che ci porta ad avere aspettative ed a sognare la vittoria finale?
Il CT jesino ha deciso di rifondare completamente tutto, ripartendo dai nostri giovani e inserendo tanti volti nuovi e talentuosi nel giro della nazionale. Sono tanti, infatti, i giocatori che hanno esordito con l’azzurro sotto la guida di Mancini, trentacinque in tre anni di gestione. Alcuni sono diventati pedine fondamentali dello scacchiere.

Ciò che più ha sorpreso è stato il modo in cui Mancini ha deciso di convocarli o farli esordire. Esempio lampante di ciò, l’inaspettata chiamata di Nicolò Zaniolo nel settembre 2018. All’epoca il ragazzo non aveva ancora esordito in Serie A ed era appena arrivato alla Roma come pedina di scambio nell’affare che aveva portato Nainggolan in nerazzurro. Mancini successivamente disse che decise di convocarlo perché aveva avuto modo di studiarlo durante l’Europeo under 19 rimanendone piacevolmente colpito.

L’episodio del giovane spezzino dimostra anche come il Mancio sia un allenatore che non bada solo al proprio orticello, ma osserva anche le giovanili. Fattore non di poco conto, che manifesta come in realtà il suo progetto sia a lungo termine.
Come sopra citato però, la forza principale di questa squadra è il gruppo. Emblematiche di ciò le parole del capitano Bonucci, che lo definisce il nostro top player, al pari dei vari CR7 e Lukaku.

Ma l’unione, la forza, la coesione di questo gruppo è dovuta sempre all’ineccepibile lavoro svolto dal mister. Mancini ha scelto oculatamente di contornarsi di persone competenti, ma soprattutto di grandi amici assieme ai quali ha condiviso le esperienze calcistiche più belle. Tra i suoi uomini di fiducia infatti ci sono Evani, Lombardo, Salsano, Nuciari, l’altro gemello del goal Vialli, ma anche Oriali e De Rossi, simboli della nazionale.
Figure così importanti sono senza dubbio di aiuto non solo all’allenatore, ma anche al gruppo. Questo perché conoscono i punti giusti da toccare per creare un gruppo che unisce giocatori esperti e giovani alle prime armi.

Ma, come detto in precedenza, il tecnico marchigiano non solo ha avuto la bravura di creare un bel mix di talento, spensieratezza ed esperienza, ma è riuscito a far proporre ad una nazionale storicamente definita catenacciara un calcio divertente, bello da vedere, moderno.

Quest’Italia infatti è una squadra che getta il pallone il meno possibile. Ama costruire dal basso e tenere il pallino del gioco in mano, provando con la qualità dei propri centrocampisti a trovare varchi nelle difese avversarie tramite verticalizzazioni che innescano la grande qualità degli attaccanti. Anche se questo frequente palleggio, specie in determinate zone, rischia di esporre la squadra a pericolosi contropiedi in caso di perdita del pallone.
Una parte poi parte del campo molto sfruttata sono le fasce laterali, vista la presenza in rosa di terzini di spinta come Florenzi, Spinazzola e Emerson e di esterni d’attacco capaci di puntare l’uomo e mettere la palla al centro per la punta o gli inserimenti delle due mezze ali.
Altro punto di forza è il pressing, che viene effettuato molto alto, in particolare contro avversari tecnicamente inferiori, mentre con squadre più organizzate si tende ad essere più prudenti.

Tutti elementi questi, che ci hanno permesso di vincere il nostro girone di Nations League. Dopo l’Europeo ci sarà poi la Final Four qui in Italia dove saremo chiamati ad affrontare Belgio, Spagna e Francia.

Insomma, le circostanze per fare bene ci sono tutte. La squadra è tecnica e grintosa, in campo ognuno lotta per il compagno. La nazione intera è pronta dopo più di quindici mesi di pandemia ad unirsi, abbracciarsi ed a passare un’estate indimenticabile.
Non vediamo l’ora di rivivere quelle notti magiche e tutte quelle emozioni che solo l’Azzurro ci sa regalare.
Fatelo per l’Italia intera, che dopo un periodo come quello che abbiamo vissuto, ha un disperato bisogno di gioire e festeggiare. E ci meritiamo un regalo come questo.







Lo Stadio Flaminio

Durante la cerimonia, in Campidoglio, che ha visto premiare le ragazze della Lazio Woman per l’accesso al campionato di massima serie, il Presidente Claudio Lotito ha rilasciato alcune dichiarazioni riguardanti lo Stadio Flaminio. Questo impianto sportivo, privo della pista di atletica, è stato progettato dagli architetti Antonio e Pier Luigi Nervi alla fine degli anni ’50. Nel tempo lo stadio ha ospitato le Olimpiadi di calcio del 1960, le gare interne della Rugby Roma e della Nazionale di Rugby italiana in occasione del “Sei Nazioni“. Recentemente sia l’Atletico Roma, squadra professionistica che fino al 2011 militava in Lega Pro, sia la squadra di football americano Marines Lazio, hanno utilizzato l’impianto.

Problemi

Il documento che impedisce l’abbattimento

Dal 2011 la struttura è inutilizzata e versa in stato di totale abbandono. Inutili i tanti proclami sino ad oggi di una sua riqualificazione. Sulla testa dell’impianto pesano alcune clausole che vedono impossibili i lavori di abbattimento e riedificazione. L’attuale proprietà, anche del vicino Palazzetto dello Sport, Roma Capitale, riconosce lo Stadio Flaminio come un luogo da tutelare, preservare e restituire alla città di Roma solo tramite un suo recupero secondo criteri di qualità e controllo del processo di restauro, rispettando il progetto originale.

Lo Stadio delle Aquile

Lo Stadio della Lazio e la Cittadella dello Sport

L’immenso progetto di Claudio Lotito, Presidente della S.S.Lazio, è di dare alla città di Roma non solo uno stadio, ma una vera “Cittadella dello Sport” che possa raggruppare i rami più prestigiosi della Polisportiva Lazio (la più grande d’Europa). Per la sua realizzazione la presidenza aveva indicato i terreni, tra la via Salaria e la via Flaminia, all’estremo della periferia nord della Capitale. Il principale problema era l’inedificabilità del terreno a ridosso del fiume Tevere, zona da bonificare, oltre che priva di collegamenti con la città e i suoi servizi di trasporto urbano. Lo Stadio Flaminio è sicuramente una via d’uscita plausibile, per il Padron biancoceleste, dato che l’impianto è situato nel quartiere Flaminio, storicamente laziale, vicino al centro storico di Roma e all’interno della zona che racchiude Arti e Sport. La clausola però inserita dal Comune e dai familiari di Nervi mette in discussione il progetto. Lo Stadio Flaminio è strutturalmente inadatto alle esigenze moderne, già nel 2011 non era a norma per la UEFA e senza una riqualificazione totale è impossibile utilizzarlo. Percorrere questa strada, dunque, vorrebbe dire rischiare di naufragare, così come accaduto per lo Stadio della Roma a Tor di Valle e quindi perdere molti soldi, oltre che ridimensionare drasticamente la Cittadella dello Sport.

Perché provarci?

A due passi dal centro storico di Roma

Claudio Lotito se riuscisse ad ottenere i permessi, i fondi e il via libera, avrebbe tutto da guadagnarci. Uno stadio di proprietà porta molti introiti, lo sanno la Juventus e le squadre minori come Sassuolo e Udinese. Avere uno stadio nel cuore della Capitale, all’interno del Polo dello Sport, in una zona molto ben collegata e raggiungibile, sia dalla periferia romana che dai comuni adiacenti, sarebbe un paradiso. Qualsiasi turista avrebbe a 10 minuti di cammino da Piazza del Popolo e 25 minuti da Piazza di Spagna, un’impianto moderno e polifunzionale, dall’architettura contemporanea che diverrebbe una risorsa per il turismo culturale che si muove al di fuori dei circuiti tradizionali.

Cosa succederà è difficile a dirsi, sicuramente ci saranno dei contatti tra il Presidente Lotito e l’Amministrazione capitolina. La speranza è che l’ennesimo impianto abbandonato possa tornare ad essere vissuto dalla cittadinanza. Ammesso e non concesso che si preferisca tenerlo in “tutela” fino a quando l’ultimo mattone non sia crollato.

Petizione

Il 20.06.2021 è partita una gara di solidarietà verso la società biancocelesti, la pagina @Lazio_Patria_Nostra si è organizzata: ha realizzato una petizione in sostegno del progetto laziale. Vogliono, dicono in una nota, dare maggiore potere contrattuale facendo capire al Padron Lotito che i tifosi sono dalla sua parte, almeno questa volta. Insomma, lo Stadio Flaminio potrebbe avvicinare, momentaneamente, la società e alcune frange della tifoseria capitolina. Chiunque fosse interessato alla petizione può firmare qui.

Champions League: chi entra e chi resta fuori?

Mancano cinque giornate al termine della Serie A e ben cinque squadre sono in lotta per tre posti in Champions League. Al momento la classifica recita Atalanta (68), Napoli, Juve e Milan (66), Lazio (61, con una partita in meno).
Analizziamo allora i calendari delle cinque pretendenti, il loro stato di forma e i punti di forza per capire chi entra e chi resta fuori dalla Champions.

Atalanta – 68 pt

Calendario (in neretto le partite in casa): Sassuolo – Parma Benevento – Genoa – Milan

Atalanta Champions
Muriel, Malinovskyi e Gosens: i tre trascinatori della volata Champions della Dea

La Dea è la squadra che esprime il miglior calcio del campionato, una corazzata difficilmente rallentabile. Proprio per questo sono i favoritissimi per uno slot in Champions, anche alla luce del miglior calendario. Bella sfida subito con il Sassuolo in corsa Europa League, ma con i bergamaschi nettamente favoriti. In caso di vittoria si potrebbe già parlare di piazzamento acquisito, alla luce delle tre partite successive con Parma, Benevento e Genoa nelle quali potrebbero arrivare 9 punti. A quel punto lo scontro all’ultima contro il Milan diventerebbe solamente una sfida d’onore.
11 vittorie, 1 pari e 1 sconfitta nelle ultime tredici partite.. insomma, per noi l’Atalanta ENTRA!

Previsione punti: 79/80 pt.

Napoli – 66 pt

Calendario: Cagliari – Spezia – Udinese – Fiorentina – Verona

Lorenzo Insigne è a un solo gol dal suo massimo stagionale di sempre in Serie A (18)

Il Napoli è l’altra squadra che vive un ottimo momento di forma. Con il rientro di molti giocatori dai rispettivi infortuni (su tutti Osimhen e Mertens) la banda di Gattuso ha mostrato di poter cambiar veste in base agli avversari, e ha raccolto ben 26 punti su 33 dall’eliminazione in Europa League.
Il calendario poi è dalla parte dei partenopei: la partita più ostica sulla carta è subito al prossimo turno con il Cagliari in lotta salvezza e galvanizzato da 2 vittorie consecutive, ma il Napoli è superiore e gioca in casa. Poi la sfida allo Spezia (che all’andata sconfisse i partenopei), la brutta Fiorentina (che potrebbe fare uno scherzo se in piena lotta salvezza) e l’Hellas in vacanza.
Salvo sorprese, anche il Napoli per noi ENTRA.

Previsione punti: 76/78 pt

Milan – 66 pt

Calendario: Benevento – Juventus – Torino – Cagliari – Atalanta

Una prima metà stagione da trascinatore, poi calato lui è crollato il Milan. Ibra deve tornare per entrare in Champions League

Il Milan è lo spettro di sé stesso. I rossoneri faticano (sul piano del gioco e dei risultati) da tempo, e la sonora sconfitta di ieri ad opera della Lazio rischia di lasciare strascichi pesanti sul piano mentale, vero punto di forza del Milan della prima parte di stagione e vulnus della seconda metà.
Per le ambizioni dei rossoneri è fondamentale il ritorno del vero Ibrahimovic che, dopo aver pagato l’età ed anche il personaggio, è chiamato a dimostrare di essere quel semidio che si auto-professa: troppo poco 1 gol e 6 presenze nelle ultime 12 gare.
Altrettanto fondamentale è ottenere i 3 punti alla prossima con il Benevento, in piena lotta salvezza ma in caduta libera: le 4 partite dopo sono da incubo. Scontro diretto con la Juve, due scontri con squadre avvelenate per la salvezza e altro scontro diretto con l’Atalanta (che potrebbe già essere qualificata, ma venderà lo stesso cara la pelle dopo la questione Super Lega).
Il Milan per noi, e lo diciamo da gennaio, alla fine RESTA FUORI. Ma auguriamo ai tifosi rossoneri di sbagliarci.

Previsione punti: 73/74 pt.

Juventus – 66 pt

Calendario: Udinese – Milan – Sassuolo – Inter – Bologna

Juve Champions
CR7 è l’ago della bilancia: in questo momento sembra starsi autogestendo

La Juve è la grande incognita della Serie A 20/21. Una squadra con una rosa pazzesca, nonostante qualche pezzo mancante, che se non dovesse accedere alla Champions compirà un vero disastro sportivo, con giocatori, allenatore e dirigenza parimente responsabili.
Al momento la Vecchia Signora vive delle giocate dei singoli, e la mancanza di Federico Chiesa è un duro colpo, soprattutto in un momento in cui Cristiano Ronaldo sembrerebbe starsi autogestendo in vista dell’Europeo (non sembra importargli il piazzamento: che la storia con la Juve sia già finita?).
Il calendario è nella media: scontri facili con Udinese e Bologna, scontro diretto (dove si decide metà corsa Champions League) con il Milan, un Sassuolo che dipende dove si troverà tra tre giornate ed il Derby d’Italia con l’Inter già campione. La Juve ha dimostrato di andare più forte negli incontri difficili, motivo per cui potrebbero arrivare dai 10 ai 13 punti, che verosimilmente vorrebbe dire rimanere nelle prime 4.
E’ difficile immaginare una Juventus che resti fuori, motivo per cui diciamo che al 55% ENTRA (anche per via degli scontri diretti a favore e dei punti di vantaggio), ma occhio alla prossima squadra.

Previsione punti: 76/77 pt.

Lazio – 61 pt

Calendario: Genoa – Fiorentina – Parma – Roma – Torino – Sassuolo

Il Tucu Correa ha deciso lo scontro diretto fondamentale con il Milan

Una Lazio che sembrava alle corde, destinata al KO dopo la sconfitta di Napoli, e che invece si rialza con un pesantissimo 3-0 al Milan. Adesso nella testa dei giocatori biancocelesti può cambiare tutto: il calendario è fattibile, ed in caso di 9 punti con Genoa, Fiorentina e Parma (le prime due in “lotta per la salvezza”, ma a distanza, e la terza già retrocessa), arriverebbero al rush finale con il vento in poppa.
Il derby contro una Roma che ha già mollato (ma sempre un derby è) sarà poi il crocevia della stagione: anche con un pareggio i biancocelesti arriverebbero al recupero e al match finale (con il Sassuolo magari già in vacanza) con una convinzione mentale incredibile, e già lo scorso anno la banda di Inzaghi ha mostrato di saper surfare alla grandissima sull’onda dell’entusiasmo.
Il grande vero avversario della Lazio è la Lazio stessa: per noi parte con il 45% di possibilità di entrare in Champions, anche visti i punti di distacco, ma se sapranno credersi grandi i biancocelesti hanno le loro possibilità di fregare una Juve allo sbando.

Previsione punti: 74/75 pt

Le origini del tifo organizzato del Napoli.

Immaginate una città di circa 1.000.000 di abitanti tifare per una sola squadra, il Napoli Calcio. Si stima che in Italia i tifosi azzurri siano circa 4.500.000 e che possano contare sulla stima di 125.000.000 persone nel mondo, che la rende la quarta squadra più tifata d’Italia. Pensate che i sistemi sismografici dell’Università degli studi di Napoli Federico II registrarono l’urlo dei tifosi al goal come un piccolo terremoto locale.

Ora, non ci resta capire come è diviso il tifo e quando nascono i primi gruppi organizzati.

La nascita dei primi gruppi Ultrà

Nei primi anni settanta nascono gli “Ultras“, che raggrupperanno tifosi dei quartieri Sanità e Fuorigrotta, capitanati da “Palumella“, uno scugnizzo di appena 14 anni. Questi, nati nella Curva B, si uniranno con i “Commandos” della Curva A prendendo il nome di “Commando Ultrà” e successivamente Commando Ultrà Curva B-Ultrà Napoli (C.U.C.B).

All’interno del neo-gruppo sorgeranno altre due compagini, Ultrà Napoli South Boys e la Gioventù Azzurra. Nel 1979 il nome Ultrà venne tolto (momentaneamente) a causa della vicenda che vide la morte del tifoso laziale Vincenzo Paparelli, nel derby capitolino.

Quell’anno diede i natali anche ad un altro gruppo, la frangia più dura del tifo partenopeo che staziona nella Curva B, i Fedayn EAM 1979 dove la sigla stava a significare “Estranei Alla Massa”.

Gli anni ’80 e ’90 del tifo organizzato

Negli anni ’80 c’è molto entusiasmo e nascono i “Blue Lions” da una costola degli Ultrà e successivamente anche altre compagnie satellite, i “Mastiffs“, nati dalla fusione di Skizzati e Alta Tensione, le Teste Matte (1987) e la Brigata Carolina, posizionati al centro della Curva A. Questi gruppi raccolgono tanti giovani spesso provenienti dai Quartieri Spagnoli.

Negli anni ’90 nacquero altri due gruppi ultras quali: “Seguaci” e “Blue Condors” dove intorno ai tre clubs principali, gravitarono una serie di gruppetti, di solito espressione di quartiere, tra i quali i “Korps“, che fu il primo gruppo d’ispirazione destroide. Altri gruppuscoli formatisi in quel periodo ma composti da poche decine di unità furono: AutonomiaAlcoolBad BoysPlatoon ed altri stipati in Curva B.

Dalla spaccatura dei Blue Lions nascono nel 1993 i Vecchi Lions che continuarono ad occupare la parte alta della Curva A. Sul finire degli anni ’90 nascono forti contestazioni nei confronti della società napoletana, seguirono la divisione di A.I.N.C. (Associazione Italiana Napoli Clubs) e A.C.A.N. (Associazione Clubs Azzurri Napoli). Sempre da forti proteste contro la dirigenza nascono nel 1999 gli “Ultras ’72“, i primi a non avere più dei leader ma un direttivo.

Oggi

Il ritiro di Palumella dalla scena e la scomparsa del vice Giorgio Ciccarelli nel 2002 faranno nascere, dalla fusione di molti gruppi minori dalle ceneri del C.U.C.B., gli “Ultras Napoli“.

Altre storie del tifo organizzato: Lazio, Roma, Torino, Juventus, Inter, Milan e Atalanta.

Warzone Torneo Omnia Football

Ecco il REGOLAMENTO COMPLETO del nostro Torneo su Warzone del 16 Aprile, ore 22.

Saranno 3 GAME. La lobby aprirà verso le 21.50, tutti i capitani avranno l’ID Activision dell’organizzatore e già dal pomeriggio di Venerdì lo potranno aggiungere. I capitani verranno invitati alla lobby e inviteranno a loro volta i componenti del proprio Team.
AD OGNI SQUADRA VERRA’ ASSEGNATO UN NUMERO, una volta entrati in lobby i partecipanti devono entrare nella squadra indicata dagli admin.
Importante il CROSS PLAY ATTIVO.
Appena tutti i Team saranno in Lobby partiremo, ma MAX 22.15 PARTIRA’ IL PRIMO GAME (chi è dentro bene chi è fuori purtroppo perde il primo game: è l’unica modalità per evitare ritardi infiniti e fare una serata divertente e rapida). Per i due game successivi ci sarà l’orario massimo che scriveremo su Telegram.

Durante il Torneo tutte le comunicazioni avverranno sul Canale Telegram, quindi invitiamo tutti i partecipanti ad entrare:
https://t.me/joinchat/LrNkDkhls_IzNzc0

Punteggi

KILL1 PUNTO
1° POSTO20 PUNTI
2° POSTO15 PUNTI
3° POSTO 10 PUNTI
TOP 5 8 PUNTI
TOP 10 6 PUNTI
TOP 154 PUNTI
TOP 203 PUNTI
TOP 252 PUNTI
TOP 301 PUNTO

Dopo ogni game dovrete inviare il risultato (schermata con piazzamento + kills) sul Canale Telegram! Se lo inviate nel momento in cui doveste morire iniziamo a far registrare i punteggi ai moderatori e partiamo più velocemente con il game successivo!

AL TERMINE DEI 3 GAME IL TEAM CHE HA TOTALIZZATO PIU’ PUNTI SARA’ CAMPIONE!!
In caso di parità di punti vincerà chi ha fatto più kill.

Divieti

Chiaramente NO CHEAT e VIETATO TEAMMARE tra squadre.
NO PISTOLA SYKOV
Spero queste cose non si verifichino, in un torneo gratuito e per divertimento soprattutto, ma se dovessero verificarsi (con esposizione di Clip per poter giudicare noi stessi) la squadra sarà eliminata dal Torneo, bandita dai prossimi a premi e il game rigiocato.