I grandi del passato: Bruno Conti

Quando era ancora ragazzo chi lo conosceva bene pensava che avrebbe corso per raggiungere la quinta base del campo dei New York Yankees o magari dei Boston Red Sox, dato il suo talento nel baseball. Era ancora un adolescente Bruno quando a Nettuno, in un piccolo comune sul mare vicino Roma, arrivò la rappresentativa di baseball di un college americano per un’amichevole contro la squadra locale. La sua abilità nel lancio e il suo atletismo colpirono gli americani che cercarono di acquistarlo e portarlo negli States, ma il padre di Bruno rispose con un categorico: “no! Il ragazzo da qui non si muove”. In America non ci andò, ma Bruno si mosse da Nettuno e arrivò più lontano degli USA, arrivò sul tetto del mondo.

Nato a Nettuno il 13 marzo del 1955, restò lì fino al 1973 quando esordì con la maglia dei suoi sogni, quella giallorossa della Roma. Nel campionato 1973-74 disputò una partita a soli 18 anni: per la legge italiana era considerato un minorenne, essendo la legge che abbassò la soglia d’età ai 18 anni per essere considerati maggiorenni in Italia approvata nel 1975. Nel campionato successivo giocò soltanto tre volte: il talento del giovane Bruno si vedeva, ma serviva un po’ di esperienza.

Per questo nel 1975 si trasferì per un anno in prestito al Genoa in serie B. Con la maglia del Grifone Bruno Conti iniziò a giocare con regolarità: scese in campo infatti ben 36 volte, mettendo a segno anche la sua prima rete tra i professionisti. Alla fine della stagione tornò nuovamente a Roma, collezionando 46 presenze e 4 reti in due anni.

Mancava ancora qualcosa per il definitivo salto di qualità, così nella stagione 78-79 Bruno tornò nuovamente a Genoa, sempre in Serie B, giocando 32 volte e siglando una rete, in un anno non da incorniciare per il Grifone. Ora Bruno Conti era pronto per prendersi la sua Roma e la nazionale.

 Bruno tornò così a Roma nel 1979, restandoci fino al 1991, il suo ultimo anno tra i professionisti. In più di dieci stagioni il 7 giallorosso collezionò più di 300 presenze e segnò più di 40 reti. Con la squadra capitolina vinse 5 coppe Italia e il campionato 1982-83. La Roma di quegli anni fu infatti una delle formazioni giallorosse più forti di sempre, potendo contare su campioni del calibro di Conti, Di Bartolomei, Falcao, Pruzzo, Ancelotti, Cerezo, Tancredi e Wierchowod. L’esperienza europea con la maglia giallorossa fu gloriosa, ma allo stesso tempo sfortunata, in quanto perse la finale di coppa dei campioni del 1983-84 contro il Liverpool ai rigori, sbagliandone uno, e la finale di coppa UEFA del 1990-91 contro l’Inter.

L’amore tra lui ed i tifosi giallorossi fu immenso, ed oltre ai cori a lui dedicati, c’è un dato che mette i brividi: nella sua partita d’addio nell’estate 91, poche settimane dopo la finale di coppa UEFA, si recarono all’Olimpico, rimodernato per le notti magiche di Italia 90’, ben 80.000 tifosi giallorossi.

Il 7 giallorosso e della nazionale italiana era dotato di una velocità pazzesca, di un ottimo dribbling e di un eccezionale fiuto per l’assist. Per lui calciare di destro o sinistro non faceva differenza.

Esordì con la maglia della nazionale allenata da Bearzot nel 1980 contro il Lussemburgo. Fu decisivo nella vittoria dei mondiali del 1982, dove non saltò neanche un match, e fu addirittura nominato miglior giocatore del torneo da Pelé! In quei mondiali, dove la stampa dava per spacciati gli Azzurri, passammo un girone di ferro composto da Argentina e Brasile, fino alla finale vinta contro la Germania dell’Ovest. Guardando ora la rosa che componeva la nazionale sicuramente in pochi condividono i dubbi e le paure della stampa dell’epoca. I maggiori meriti andarono al capocannoniere di quei mondiali: Paolo Rossi; ma come ammise Paolo Rossi stesso: “non saremmo qui senza Bruno”.

Durante il mondiale spagnolo ricevette inoltre il soprannome “Marazico” poiché nelle partite contro l’Argentina di Maradona e il Brasile di Zico fu lui ad imporsi.