Il calcio alle Olimpiadi, un amore mai sbocciato

Richarlison esulta con bandiera del Brasile e medaglia d'oro al collo dopo la vittoria a Tokyo2020

La trentaduesima edizione dei giochi olimpici estivi dell’era moderna si è conclusa. La sacra fiamma di Olimpia si è spenta nella notte di Tokyo lo scorso 8 agosto chiudendo la spedizione azzurra con più medaglie nella storia di questa manifestazione: 40 (10 ori, 10 argenti e 20 bronzi). Jacobs e l’atletica ci hanno fatto sognare ed commuovere, quasi facendoci scordare l’europeo vinto solo un mese fa. Eh già, ma il calcio alle Olimpiadi? Perchè lo sport più praticato al mondo non è mai andato d’accordo con la manifestazione più importante e sognata del globo? Perchè le Olimpiadi non sono mai state teatro delle giocate dei più grandi calciatori di sempre?

Non c’è una risposta sola a queste domande. In realtà la scintilla tra calcio e giochi olimpici non è mai scattata. Il CIO ha faticato nel 1912, in occasione dei giochi di Stoccolma, ad ammettere per la quarta volta il pallone nel programma a 5 cerchi. L’anima dilettantistica che le Olimpiadi hanno sempre scelto di rappresentare non calzava con il professionismo, già padrone del mondo del football. Il calcio non è mai stato considerato abbastanza puro da poter competere all’ombra del fuoco olimpico. Per questo le delegazioni hanno sempre, o quasi, mandato nazionali “B”, composte da giovani o dilettanti, a rappresentarle.

Il dilettantismo ha fatto sì che nel dopoguerra a dominare il calcio alle Olimpiadi fossero le nazioni del blocco comunista, di fatto creando una spaccatura tra gli albi d’oro. Perchè, in effetti, l’idea geniale di Rimet, data alla luce nel 1930, non ha aiutato lo sbocciare delle rose. I mondiali di calcio sono diventati la vetrina perfetta per esibire i talenti, mentre le Olimpiadi sono mano a mano diventate un peso da gestire per i vari club del panorama, preoccupati per il calendario dei giochi e dai possibili infortuni.

Eppure, mettendo da parte tutto questo, c’è ancora chi sul proprio petto fa vanto di vittorie nel torneo olimpico. Stiamo parlando della nazionale uruguayana. Se ci fate caso, lo stemma della federazione celeste conta 4 stelle. Due in più rispetto alle edizioni dei mondiali vinte nel 1930 e nel 1950. In effetti, nel 1924, a Parigi, e nel 1928, ad Amsterdam, fu la Fifa ad organizzare il torneo olimpico di calcio e non il Cio. Per questo la federazione internazionale riconosce quelle due edizioni come dei mondiali “dilettantistici” a tutti gli effetti ed è per questo che l’Uruguay rimane l’unica nazione autorizzata a fare vanto di tali vittorie.

Per quanto riguarda gli azzurri, l’unica volta che i cinque cerchi del pallone hanno visto l’Italia trionfare risale al 1936, a Berlino. Vittorio Pozzo dominava il mondo infilando nel bel mezzo di due mondiali la vittoria olimpica, mai più ripetuta. Da lì, solo due medaglie di bronzo. Mentre l’ultima partecipazione risale a Pechino 2008, nonostante l’europeo under-21 del 2019, valevole per la qualificazione, organizzato in casa con talenti che due anni dopo ci avrebbero portato sul tetto dell’Europa dei grandi.

A Tokyo, in ogni caso, è stato il Brasile a portare a casa il metallo più prezioso, per la seconda volta di fila. A farne le spese è stata la Spagna dell’instancabile Pedri. In campo femminile, che non ha mai visto l’Italia protagonista, a trionfare è stato il Canada. Fun fact: il Canada ha già vinto un oro nel calcio, a St. Louis nel 1904, ma con i maschi. Le donne, per trionfare, hanno dovuto attendere il rigore decisivo di Grosso. Sì, Grosso, ma non Fabio: Julia.