Il derby sulle panchine della capitale

La Roma calcistica è addormentata da qualche anno. La piazza manca di quel fervore tipico dei primi anni 2000, con tanti campioni e grandi allenatori.
Dalle parti di Trigoria non si vedono trofei da 13 anni. Solo qualche buon piazzamento in campionato e due semifinali europee. Tanta qualità, pochi risultati.
Dall’altra sponda del Tevere, invece, si chiude un ciclo guidato dal piacentino Simone Inzaghi. Un ciclo di grande crescita che ha fruttato ben tre trofei nazionali: una Coppa Italia e due Supercoppe italiane. E in particolare una qualificazione in Champions che non si vedeva dal lontano 2007. Tanto bel gioco, e un sogno scudetto svanito.

Quest’anno i Friedkin, in seguito all’addio di Fonseca, hanno regalato in totale silenzio uno dei più importanti allenatori della storia: sia per palmarès, che per carisma. Josè Mourinho sta facendo già impazzire la Roma giallorossa.
Lotito d’altra parte non ha voluto farsi parlare dietro, e per rispondere alla proprietà americana porta a Formello Maurizio Sarri.
Le due squadre della capitale hanno finalmente a disposizione due grandi allenatori, all’altezza della stracittadina di Roma, che deve tornare a brillare ad alti livelli.

L’ingaggio di Mourinho, annunciato sui canali social il 4 maggio, è stata una luce nel tunnel buio della stagione 2020-21, guidata da Paulo Fonseca.
I romanisti che fino a quel pomeriggio stavano passando uno dei peggiori momenti degli ultimi anni, reduci dal 6-2 contro il Man United, ricevono una notizia che rialza il morale in città. Murales, canzoni, cori e voli in borsa del 21,02 % in una sola giornata.

Lo Special One subentra ad un altro portoghese che durante il corso dei suoi due anni ha portato appena una semifinale di Europa League persa malamente e collezionato un quinto e un settimo posto, (rispettivamente Europa League e Conference League).
Il gioco tanto decantato del tecnico portoghese non ha portato i risultati sperati: è mancata concretezza e personalità nelle partite importanti. Testimonianza ne sono gli scarsi risultati di quest’anno negli scontri diretti contro le Big: una sola vittoria, nel derby alla penultima giornata.

Lo Special One sarà importante soprattutto per il carattere e l’impronta che sa mettere sulle sue squadre: tanta grinta e determinazione. Il carattere internazionale e vincente di Mourinho è fondamentale in una piazza come Roma che non alza un trofeo da tanti anni.
Ad ogni modo i risultati ottenuti da Mou nelle sue ultime esperienze non sono dei migliori. Con il Tottenham non è riuscito a continuare ciò che era stato creato da Pochettino. I suoi ultimi titoli risalgono al 2017 quando vinse una Coppa di lega e un’Europa League con i Red Devils, poi il vuoto.

A Roma, con molta probabilità, si schiererà con un 4-2-3-1. L’undici titolare è per lo più già costruito. Il problema più grande, come da diversi anni a questa parte, è lo sfoltimento di una rosa fin troppo ampia. Servono acquisti mirati, a basso costo, e parametri zero. Per andare anche incontro alle esigenze della proprietà che si ritrova con più di 400 milioni in rosso.
Manca l’acquisto di un portiere e un centrocampista da affiancare a Veretout. I nomi sono quelli di Rui Patricio, connazionale dell’allenatore, e Xhaka con il quale si è già raggiunto un accordo. La difesa è ben coperta, con quattro centrali molto validi, e due esterni, Karsdorp e Spinazzola che danno grandi garanzie.

La trequarti presumibilmente sarà formata da Mkhitaryan, con cui sembra aver riacquisito il feeling giusto, dopo l’esperienza di Manchester. Pellegrini, capitano e sempre più insostituibile. E il ritrovato Zaniolo, a spingere sulla destra dopo due anni di assenza. Proprio Mourinho durante questi anni si è interessato al giovane talento italiano per portarlo agli Spurs.
L’incognita sarà davanti con Dzeko che nella stagione scorsa aveva raggiunto l’accordo di un divorzio a fine anno. Tutto ciò però è rimesso in discussione, in quanto Mourinho ha dimostrato proprio la volontà di trattenerlo nella capitale.
Quegli “zeru tituli” pronunciati dallo stesso portoghese in una conferenza stampa da allenatore dell’Inter, nel lontano 2009, sono rimasti tali. I romanisti sperano possano diventare qualcosa di più.

Sull’altra sponda del Tevere invece sbarca il comandante toscano.
Lotito riesce a regalare un grande colpo ai suoi tifosi, dopo le voci di plausibili allenatori con minore appeal.
Maurizio Sarri non ha bisogno di presentazioni. È colui che è riuscito a riportare il bel gioco in Italia, così come non si vedeva da tanti anni. A tal punto da meritarsi un termine tutto nel suo nel dizionario, associato al suo modo di gioco: il Sarrismo.

La Lazio perde un perno fondamentale della sua storia, Inzaghi, andando però incontro ad uno dei migliori allenatori degli ultimi tempi. Il Toscano porta una ventata di aria fresca e nuova. Il bel gioco con dei fantastici individui potrebbe scaturire una esplosione di bellezza. Milinkovic, Luis Alberto, Immobile, Correa e qualche nuovo innesto farebbero al caso di Sarri. Portando la società ad ambire ad obiettivi più alti rispetto alle coppe nazionali vinte in questi anni con Inzaghi. La Lazio difatti quest’anno dovrà affrontare un’Europa League alla sua portata, che se giocata con convinzione potrebbe riportare un trofeo europeo nella corte biancoceleste dopo tanti anni.

Ma attenzione alla rosa: il tecnico Toscano dovrà far fronte a una squadra che per molti anni ha usato un modello di gioco opposto al suo. Sarri imposterà con ogni probabilità una difesa quattro. Il suo classico 4-3-3 che ha fatto divertire a Napoli; oppure un 4-3-1-2 come a Empoli o Torino.

Il centrocampo potrebbe essere confermato in blocco, con due mezzali di livello internazionale: Milinkovic e Luis Alberto. L’unico dubbio è quello riguardante Leiva, che vista l’età non da più quelle garanzie di qualche anno fa. Infatti sulla mediana potrebbe essere impiegato Luis Alberto, alla Jorginho, andando poi ad acquistare una nuova mezzala. Oppure direttamente un mediano di livello lasciando svariare sul fronte offensivo lo spagnolo di San José del Valle. Per la difesa si è già fatto il nome di Hysaj e Maksimovic, giocatori pronti e che conoscono il tecnico. Lazzari che è sempre è stato abituato a giocare principalmente come esterno nei cinque di centrocampo, trova più difficoltà e dovrà adattarsi alle maniere di Sarri se vorrà mantenere il posto nell’undici titolare.

L’attacco a tre, vista la presenza di Correa, prevede l’acquisto di due o tre esterni, per un’alternanza valida nelle tre coppe. La pazza idea è quella di Insigne. Possibile per il legame che il giocatore ha con l’allenatore, con Immobile, e con il Sarrismo, ma molto difficile per le cifre economiche e l’amore che lega il giocatore a Napoli.
Inoltre arrivando a Roma, Sarri sarà l’unico allenatore che vanterà il prestigio di aver allenato entrambi i giocatori con il record di gol in Serie A, 36: Immobile e Higuain.


La Lazio con Sarri dovrà abituarsi ad un gioco molto più concentrato. Linee di gioco più ravvicinate e meno ampiezza rispetto al modo di gioco di Inzaghi. Minore uso delle fasce, su cui la Lazio invece ha basato il gioco in questi anni, con Lazzari, Lulic e Marusic negli ultimi tempi.
Gli aspetti di gioco si distinguono sotto vari punti. La Lazio dell’ex Simone Inzaghi sfruttava molto le ripartenze e il campo aperto. Mentre Sarri ha sempre cercato di costruire delle formazioni padrone del gioco, in grado di mantenere un palleggio continuo, con combinazioni strette.
L’attuale rosa della Lazio è sicuramente ispirata ad un modello differente, ma con acquisti funzionali al gioco dell’allenatore toscano la Lazio potrebbe proporre un calcio affascinante e bello da vedere.

Il derby di Roma è già cominciato. Le società hanno messo sulle loro panchine due pezzi grossi. Due personaggi agli antipodi. Il bel gioco e la personalità. Tuta e giacca. Sono diversi, ma forti, all’altezza di Roma, e hanno il compito di farla risplendere.