Diciannove giornate sono bastate ad Antonio Conte per plasmare l’Inter a sua immagine e somiglianza. Una squadra verticale, che gioca a memoria e macina kilometri in maniera intelligente, studiata nei minimi particolari senza lasciare nulla al caso. L’evoluzione dei neroazzurri in questo girone di andata è paurosa, nonostante una rosa non pensata per affrontare un campionato a questo livello e con evidenti lacune a centrocampo.
Ma partiamo dall’inizio. Cosa ci dice il girone di andata sull’Inter? Tante cose positive, che non devono però andare a nascondere quelle negative più volte sottolineate dall’allenatore stesso.
Iniziamo dai pregi. La stagione dell’Inter è partita in un velo di polemiche da ombrellone inasprite da un insulso gossip sul caso Icardi e la lunghissima trattativa per portare a Milano Lukaku, il sostituto dell’ex capitano, ha riempito le pagine dei giornali per settimane contribuendo a creare tensioni sia interne che esterne. Ma Conte non ha perso tempo. “Testa bassa e lavorare“, il motto decantato nei giorni di ritiro e simpaticamente preso in giro dallo sfortunato cugino rossonero Giampaolo prima che il campo lo condannasse, ha portato i suoi frutti fin da subito. Il modulo, il classico 3-5-2 delle squadre di Conte, ha esaltato le caratteristiche di giocatori che si pensavano ormai finiti. Uno su tutti: Antonio Candreva.

L’esterno romano è il simbolo del nuovo corso dell’Inter: lavoro e risultati, pochi fronzoli. Prima dell’arrivo dell’allenatore salentino, Candreva era un giocatore finito, rimasto ai box per tutta la stagione passata sotto i comandi di Spalletti e con il pubblico ormai spazientito dalle sue giocate poco sensate. Come quinto, però, fin dalla prima giornata con il Lecce, l’ex laziale ha dato prova di tutte le qualità che lo avevano portato ad essere uno dei pilastri della nostra nazionale, deliziando il Meazza con un gol da antologia che ha mutato i fischi in applausi.
Gli innesti di Barella, motorino instancabile, e Sensi hanno affiancato un Brozovic sempre più padrone del gioco, valorizzandone le giocate sia in fase di interdizione che in fase di regia. Ogni pallone deve passare dal numero 77 croato, per essere lavorato e scaricato ai compagni che dovranno solo pensare a buttarla dentro.
E se i vecchi centrocampisti neroazzurri quali Vecino, Gagliardini e Borja Valero si sono fatti trovare pronti nel momento del bisogno prendendo sulle spalle la squadra, un nuovo arrivato ha decisamente migliorato la situazione negli ultimi sedici metri. Sì, avete capito. Stiamo parlando di Romelu Lukaku. Ore di trasmissioni, paginate di quotidiani e qualche amaro di troppo al baretto dell’angolo sono stati consumati discutendo le qualità del gigante belga. Criticato prima ancora che potesse mettere piede in campo per la sua poca lucidità sotto porta e le sue scarse qualità di controllo palla, Lukaku ha tappato le orecchie e zittito tutti a suon di gol, sponde e giocate giganteggianti a favorire i classici inserimenti dei centrocampisti di Conte.

14 gol nel girone d’andata a cui vanno aggiunti i 10 di Lautaro Martinez, esploso definitivamente sotto la protezione dell’amicone Romelu. Il sogno di Antonio: due punte in grado di parlare la stessa lingua, quella del pallone, e che si cercano in campo con sponde e movimenti a smarcare. Ogni gol di uno è facilitato dalla presenza dell’altro. Inarrestabili.

Ma se l’Inter sembra una macchina da guerra in grado ormai di giocare a memoria, il rovescio della medaglia ci mostra una situazione che va aggiustata. La coperta è corta, le alternative in grado di garantire un girone di ritorno all’altezza di quello passato ancora non ci sono e, stando alle parole di Conte, il poco budget dell’Inter in questa finestra di mercato non aiuterà Marotta a risolvere questo nodo. Conte supplica da quest’estate un rinforzo di classe per il centrocampo interista, così da non ritrovarsi più senza riserve in panchina pregando gli dei del calcio perchè qualcuno non si faccia male. Il nome di Eriksen, oltre a far sognare i tifosi del biscione, potrebbe dare man forte alla squadra per questo finale di stagione.
I numeri parlano chiaro: 46 punti, il terzo miglior girone di andata nella storia dell’Inter; 40 gol fatti (terzo migliore attacco) e 16 subiti (miglior difesa). Solo due punti dalla vetta occupata dalla Juventus. L’Inter fa paura e alla boa ci arriva in scia, pronta a lanciarsi per lo sprint finale. Manca qualcosa per rendere la macchina di Conte un vero gioiello di ingegneria calcistica, ma la strada fatta fino a qui mostra una crescita esponenziale che le altre squadre non hanno avuto. Se la funzione rimanesse questa, i tifosi dell’Inter possono dormire tranquilli. Quest’anno ci sarà da divertirsi.