Inter, croce e delizia

Conte Inter

La nuova stagione è partita con una grande favorita al titolo di campione d’Italia. L’Inter di Antonio Conte è la squadra che il 19 settembre ispirava le sensazioni più promettenti, grazie anche ad un attivismo sul mercato durato dal primo all’ultimo giorno della sessione estiva. A più di un mese dall’inizio di campionato e Champions, proviamo a tirare un primo bilancio, esaminando alcune problematiche, ormai ricorrenti, della squadra tutt’ora favorita alla vittoria finale, la quale ha però suscitato sentimenti contrastanti, a metà tra croce e delizia

La mancanza di un diversivo

Iniziamo a rompere il ghiaccio dicendo che l’avvio dell’Inter non è stato all’altezza delle aspettative, e non solo per via di risultati non eccessivamente gratificanti. Lo sforzo che si richiedeva per compiere il tanto atteso salto di qualità non era solamente economico, ma doveva necessariamente essere indirizzato sul piano tattico. Ciò che manca maggiormente all’Inter dei primi appuntamenti autunnali è una efficiente differenziazione nel gioco rispetto allo schema tipico e ormai ampiamente metabolizzato.

Antonio Conte è l’allenatore dell’Inter dalla scorsa stagione.

Polarizzare l’azione sul centravanti è sicuramente il miglior modo per sfruttare le qualità, più uniche che rare, di Lukaku. Tuttavia servono alternative altrettanto consolidate che evitino che la giocata sul belga diventi banale e prevedibile. Lukaku sta vivendo un momento di incredibile forma fisica e mentale, che gli sta consentendo di affacciarsi nell’olimpo dei numeri 9 del panorama europeo. Un giorno però tutto ciò potrebbe non bastare. Per la verità quel giorno è già arrivato. In più di un’occasione l’Inter ha mancato i tre punti perché non ha saputo essere abbastanza elastica da trovare diversivi in situazioni di gioco che li rendevano necessari. Nella specie, mancano giocate che esentino Lukaku dall’essere costantemente l’approdo finale, in modo da colpire l’avversario con armi più adatte alle circostanze. L’Inter domina le partite, l’altro ieri sera 70% di possesso contro il Parma, ma quando non trova il riferimento centrale va in crisi e diventa imprecisa.

Romelu Lukaku, 5 gol nelle prime cinque di A e 2 gol nelle prime due di Champions.

Un centrocampo magmatico

La causa di questa insistente, a volte disperata, ricerca del bomber nerazzurro non è una sola. Partiamo col dire che all’Inter manca ancora una struttura stabile in un centrocampo che potremmo definire magmatico. I giocatori a disposizione di Conte sono tanti ma, sia per scelta che per necessità, il tecnico non ha ancora eletto elementi fissi e imprescindibili. Sembrerebbe che, ormai a novembre, l’Inter transiti ancora in una fase di sperimentazione dei ruoli e degli accoppiamenti. Ne è esempio Brozovic, passato dall’essere l’agnello sacrificale per il bilancio della società a frequente interprete del centrale di centrocampo in meno di venti giorni.

Vidal, fortemente voluto da Conte, è un calciatore arrivato per mettere a disposizione esperienza e muscoli, un profilo mancante nell’Inter dell’anno passato. Tuttavia non convince la posizione che il tecnico leccese ha assegnato all’ex Barcellona, quasi volendo rivivere attraverso di lui l’esperienza tattica di Kante. Infatti Vidal gioca molto più arretrato e interno rispetto ai tempi della Juve, con conseguenti meno possibilità di affacciarsi alla zona calda avversaria. Spesso gli viene richiesto, in fase di costruzione, di abbassarsi addirittura sulla linea dei centrali.

Eriksen Inter
Christian Eriksen, arrivato all’Inter lo scorso gennaio.

Per archiviare il discorso centrocampo, parleremo di Eriksen, giocatore forse preso più per occasione (27 milioni di euro) che per altro, viste le considerazioni che faremo. Il flop, per ora, di Eriksen era largamente prevedibile perché il danese rappresenta il prototipo del giocatore di classe che mal si concilia con il carattere di Conte. L’atteggiamento di Eriksen è assolutamente antitetico rispetto a quello di chi lo allena: il suo sacrificio ha un limite, non quello richiesto da Conte, ai confini con una prostituzione dei calciatori. Cosicché il forfait del giocatore che doveva consentire il salto di qualità, il fantasista che doveva offrire alternative e imprevedibilità dietro le punte, si eleva tra le cause dei problemi di gioco che talvolta l’Inter si trova a scontare.

Per la fortuna dei nerazzurri, chi sta facendo le veci di Eriksen è Nicolò Barella, giocatore in primis di quantità, che sta migliorando il suo bagaglio tecnico giorno dopo giorno. L’inedita posizione di trequartista non ha messo pressione  all’ex Cagliari, classe ’97, presente e futuro del centrocampo italiano.

Una difesa adattata

Infine, il reparto che davvero ha sofferto di più in questo avvio è la difesa. Ed è proprio nella difesa che si è scatenato l’integralismo più spietato di Antonio Conte. Vero che infortuni ed emergenza sanitaria non hanno aiutato ma, pur di mantenere lo schieramento a 3, il tecnico è ricorso spesso a soluzioni discutibili. Spesso le indisponibilità dei titolari hanno determinato un forzato adattamento di alcuni giocatori a ruoli atipici e ciò ha causato sbilanciamenti della squadra. Kolarov è stato acquistato per ricoprire più ruoli, a seconda delle esigenze, ma le recenti prestazioni dovrebbero suggerire ripensamenti. Soluzione affidabile quando si sgancia per attaccare, completamente fuori luogo da difensore centrale (terzo a sinistra), il serbo non può fare tutto. Ne è testimonianza la partita contro il Milan: disastroso contro Ibra, decisivo nello spunto che ha portato al gol l’Inter.

Aleksandar Kolarov, ex Roma, acquistato nell’ultima finestra di mercato.

Sarebbe saggio che Conte facesse un passo indietro e prendesse in considerazione un cambio di modulo qualora le assenze lo richiedano. La varietà di interpreti a sua disposizione gli permette di optare per una linea difensiva a 4 e di rispettare i ruoli dei singoli. La difesa dell’Inter “balla” più degli anni passati, è innegabile: 2 gol presi nelle prime sei dello scorso campionato, addirittura 10 nelle prime sei di quest’anno. Non è opportuno fare paragoni con l’anno passato, perché oggi il livello delle altre squadre e della competizione è più alto di ieri. Tuttavia, i numeri sono sintomatici che un problema esiste.