Inter e Milan, da diversi anni, stanno tentando di costruire uno stadio di proprietà che sia all’avanguardia rispetto agli standard dettati dalle altre grandi città europee ospitanti squadre di alto livello.
L’impianto attuale, il Giuseppe Meazza (conosciuto anche semplicemente come San Siro, zona di Milano dove sorge), risulta arretrato se comparato ad impianti recenti quali l’Allianz Arena di Monaco, il Wanda Metropolitano di Madrid, il nuovissimo White Hart Lane del Tottenham a Londra o anche, semplicemente, lo Juventus Stadium in Italia.
Prima della finale di Champions League del 2016, tra Real Madrid e Atletico Madrid, andata in scena proprio al Meazza, furono compiuti dei lavori per quanto riguarda la creazione di alcuni spazi di accoglienza all’interno dei cancelli, con lo scopo di portare lo stadio del 1926 tra l’élite europea. I tempi però cambiano e avanzano correndo, e mentre le grandi società del resto di Europa si appropriano di terreni dove far sorgere dei veri e propri gioielli di architettura e comfort, il destino di Inter e Milan è ancora legato a doppio filo col Comune di Milano, proprietario dell’impianto.
Da qui la decisione delle due società di presentare un progetto alternativo agli ennesimi lavori di ristrutturazione della Scala del Calcio, proposti dall’amministrazione Sala. Qualche settimana fa, infatti, le società meneghine hanno presentato un progetto congiunto di un nuovo impianto che dovrebbe sorgere sulle “ceneri” del Meazza, di proprietà delle due squadre e con tanto di centri commerciali e aree di intrattenimento al passo coi tempi.

Il progetto prevede un investimento di 1.2 miliardi di euro ma soprattutto l’abbattimento del leggendario Meazza, per sfruttarne i parcheggi e i collegamenti con la rete urbana dei trasporti.
Ciò ha creato una divisione interna tra i tifosi, e non solo: c’è chi sostiene che il Meazza sia un gioiello da preservare e che quindi Inter e Milan dovrebbero trovare un altro spazio dove costruire il loro centro. Per via poi delle Olimpiadi di Milano-Cortina previste nel 2026 e della pressione del Sindaco Sala affinché la cerimonia di apertura si tenga proprio dentro il vecchio San Siro, questa opinione ha ricevuto l’appoggio delle istituzioni milanesi, almeno per ora.
C’è poi chi sostiene che Milan ed Inter debbano necessariamente costruire un impianto di proprietà e che il sacrificio di San Siro, in mancanza di alternative, sia la scelta giusta per il futuro del calcio ambrosiano.
Senza contare le critiche di chi sostiene che, fatto questo passo, Milan ed Inter dovrebbero calcare il modello Europeo fino in fondo e costruire due stadi diversi, entrambi di proprietà.

Ma quanto ne gioverebbe il calcio di Inter e Milan? E quanto il calcio italiano in generale?
Le due società milanesi spendono diversi milioni per la concessione di San Siro. Costruire un nuovo stadio significherebbe un investimento importante sul breve termine e un guadagno ancora più significativo sul lungo termine con sponsor, ricavi delle partite, eventi e tutto il contorno, che entrerebbero puliti nelle casse di Milan ed Inter senza passare per quelle del comune.
Ciò significa più liquidità e possibili investimenti sportivi. L’esempio perfetto è quello della Juventus: dall’inaugurazione dello Stadium sono arrivati 8 scudetti, 2 finali di Champions, giocatori e sponsor di calibro mondiale e un nuovo e modernissimo centro sportivo dove far allenare la prima squadra maschile e femminile e tutte le selezioni giovanili. I bianconeri sono dieci passi avanti rispetto a tutto il movimento calcistico nel nostro Paese.
La nostra Federazione, ora più che mai, ha bisogno di una Milano calcistica che torni al livello delle altre società europee. E per farlo non c’è bisogno solo di uno sforzo in ambito sportivo: il calcio del 21esimo secolo, che piaccia o no, è diventato un’azienda sforna soldi. Avere strutture di proprietà e al passo coi tempi è il primo step per entrare nell’Eden del calcio mondiale.
Inter e Milan, forti di un progetto come quello presentato, potrebbero portare una ventata di aria fresca all’intero movimento nazionale e spianare la strada per altri ambiziosi progetti nel resto del Paese, in modo tale da ricucire l’abisso strutturale che divide l’Italia dal resto dell’Europa.
Ciò che però spaventa della modernizzazione dell’esperienza dello stadio è il rischio che le società si allontanino da una fascia essenziale di tifosi, andando a gonfiare i prezzi dei biglietti (già molto elevati nel caso di Milano), sfruttando la presenza di zone di intrattenimento costruite appositamente intorno all’impianto e perdendo di vista ciò che dovrebbe essere essenziale e centrale in ogni progetto calcistico: la tutela dei miliardi di tifosi che seguono questo sport.

Alzare i prezzi significherebbe prendere le distanze con la maggioranza della popolazione calciofila e rendere lo stadio accessibile soltanto ad una ristretta percentuale di persone. Senza considerare il rischio di ‘americanizzare’ all’estremo gli eventi, rendendo la partita soltanto un contorno a pubblicità e spazi sponsorizzati.
Perciò, ben venga la modernità. Purché sia una modernità costruita per essere accessibile a quanti più tifosi possibili e orientata al lato sportivo, quello più bello e importante, delle società e non soltanto a quello finanziario e speculativo che porta i proprietari delle squadre a gestirle come compagnie, togliendo così quell’alone di poesia che rende questo sport più di un semplice gioco.