Lunga vita alla Coppa Rimet: il trofeo diventato leggenda

Coppa Rimet
La Coppa Rimet con il pallone dell'epoca.

La Coppa Rimet, antenata della Coppa del mondo, ha vissuto una storia degna del miglior film di Hitchcock: tra rapimenti, fughe e maledizioni, la coppa alata ne ha viste davvero di ogni.
Ma andiamo per gradi.

Tutto iniziò nel 1928, quando venne istituita la prima competizione per nazioni e Jules Rimet, il presidente FIFA, assegnò all’Uruguay il compito di organizzare il torneo. Nacque così la coppa del Mondo, una statuetta in argento rappresentante la vittoria alata Nike che reggeva una coppa. Solo nel 1946 verrà rinominata Coppa Rimet, dopo aver superato non poche vicissitudini.

Il primo mondiale venne vinto dai padroni di casa dell’Uruguay, poi il trofeo si spostò in Italia, che trionfò nelle edizioni del 1934 e 1938. L’Italia avrebbe avuto nell’edizione successiva la possibilità di aggiudicarsi definitivamente il trofeo (la Coppa Rimet infatti veniva assegnata definitivamente alla Nazionale in grado di sollevarla per tre volte), ma lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale impedì di disputare i mondiali.

In tempi di guerra l’argento, placcato oro, fa sempre comodo: per questo motivo, o forse per motivi di egocentrismo, Hitler ordinò alle SS di sequestrare la coppa. Qui nacque la leggenda: le truppe tedesche si recarono a casa di Ottorino Barassi, vicepresidente FIFA, il quale negò di avere con sé il trofeo. Nonostante ciò i militari perquisirono l’abitazione di Piazza Adriana, senza però trovare nulla: la Coppa Rimet rimase incredibilmente nascosta in una scatola di scarpe sotto il letto dell’ingegner Barassi, un nascondiglio tanto elementare quanto efficace. Ma questo è solo il primo capitolo di una storia incredibile.

Nel 1966 l’Inghilterra, organizzatrice del Mondiale, espose in una mostra di francobolli presso la Westminster Central Hall anche il trofeo, che però venne rubato. Fu accusato il disoccupato Edward Bletchley, arrestato dopo aver organizzato un incontro con Joe Mears, il presidente della Football Association, per il riscatto del trofeo. Egli affermò di essere un semplice mediatore, e di non conoscere la posizione della coppa, che venne misteriosamente ritrovata pochi giorni dopo da un cagnolino. Non si seppe mai chi pagò l’alto riscatto a Bletchey, che da umile disoccupato non poteva certamente permetterselo.
Da qui crebbero i misteri intorno alla Coppa Rimet: la FA, nonostante la FIFA negò il permesso, decise di eseguire una copia del trofeo in bronzo dorato, e per anni nessuno seppe di quale delle due copie era in possesso, al punto che la FIFA nel 1997, convinta di aggiudicarsi l’originale acquistò la copia all’asta per ben 254.000 sterline!

Pickles, il cagnolino che salvò la Coppa Rimet
Pickles, il cane che recuperò la Coppa Rimet

Nel 1970 il Brasile superò l’Italia in finale e si aggiudicò definitivamente il trofeo, avendo vinto per tre volte la rassegna, ma la storia non finisce qui.
Infatti nel 1983 quattro criminali tra cui un ex poliziotto rubarono la Coppa Rimet dalla sede della Confederazione Brasiliana di calcio. La polizia comunicò pochi giorni dopo che la coppa alata era stata fusa, ed i lingotti venduti ad un prezzo irrisorio.

In realtà l’argento placcato non vale un granché, e tutte le storie legate a questa coppa sono piene di particolari sfocati. Se quindi effettivamente sia stata fusa la Coppa Rimet è un mistero che non sarà mai risolto. A noi piace credere alla storia di Juan Carlos Hernandes, uno dei ladri in Brasile, che sostiene che la leggendaria coppa si trovi in realtà in Italia, in bella vista nella casa di un miliardario ammaliato da tutta la storia che ha vissuto la Coppa Rimet.