Milan: la metamorfosi dei rossoneri

Sono anni che il nostro campionato viene aspramente criticato, ritenuto poco competitivo, formato da rose non in grado di competere per qualcosa di veramente importante.

È ormai un decennio che vediamo sempre la stessa squadra alzare lo scudetto a fine anno, sia per meriti suoi che per demeriti altrui. E quando parliamo di demeriti altrui intendiamo vari fattori che hanno fatto sì che in questi anni mai alcuna avversaria riuscisse a spodestare la Juventus dal gradino più alto del podio.
Tra chi c’è andato vicino sul campo, e chi lo aveva già vinto a chiacchiere sotto l’ombrellone, mai nessun club del belpaese si è mai spinto oltre la vittoria delle coppe nazionali minori.

Ma quest’anno la musica sembra diversa, la tanto decantata armata bianconera e il suo soldato con la sette sulle spalle non sembrano più fare così paura. Negli ultimi anni abbiamo assistito alla crescita esponenziale di club che, a turno, hanno conteso il titolo alla Vecchia Signora. Possiamo citare la Roma di Garcia, il Napoli di Sarri, senza dimenticare la favolosa Lazio pre lockdown della scorsa stagione, l’Inter di Conte e la bellissima Atalanta di Gasperini.

Se ci fate caso tra queste società che abbiamo citato ritroviamo tutte le grandi del calcio italiano, ma se si osserva attentamente si nota che ne manca una, forse la più gloriosa di tutte.

Ebbene sì, perché il Milan, dopo lo scudetto targato Allegri nel 2011, ha avuto un lento declino che l’ha portato ben lontano dalle vette del calcio italiano ed europeo, dove è sempre stato nella sua storia.



Infatti, dopo altre due stagioni ad alto livello concluse con un secondo e un terzo posto, i rossoneri negli anni a seguire si sono piazzati una volta quinti, tre volte sesti, una settimi, una ottavi e addirittura una volta decimi. Qualcosa di inammissibile per una società che può vantare uno dei palmares più ricchi al mondo.

Per anni in quel di Casa Milan si è parlato di rivoluzione, capace di riportare il “diavolo” ai fasti di un tempo. Si sono succeduti alla guida di questo club più e più fantomatici dirigenti sportivi, tanto per citarne due: Fassone e Mirabelli, che nell’estate del 2017 illusero i tifosi milanisti con una campagna acquisti tanto sontuosa quanto inefficace. Per non parlare degli allenatori che, in questo frangente storico, a turno si sono seduti sulla panchina del Milan, molti dei quali hanno lasciato solamente tante chiacchiere e pochi fatti, Giampaolo docet.

Ma come abbiamo già detto, quest’anno la musica suona differentemente. E suona in maniera diversa anche per i rossoneri, che dopo il lockdown primaverile, ha subito un’autentica metamorfosi che gli ha permesso di infilare fino ad oggi 22 risultati utili consecutivi e sta facendo sognare i supporters milanisti come non accadeva da tempo.

E il merito di ciò non è di qualcuno in particolare, ma va equamente diviso. In parte va attribuito alla società, simboleggiata da Gazidis, Massara e un idolo assoluto della tifoseria come Maldini: una società capace, con un lavoro attento e oculato, di creare una squadra formata sì da giocatori esperti, ma anche da giovani di grande talento. Non a caso, il Milan è la squadra con l’età media più bassa dei top 5 campionati europei, fattore che però, a differenza di ciò che spesso si crede in Italia, non va a sfavore del club, anzi lo sta riportando dove merita di stare.

Infatti il giovane Milan di Pioli, allenatore che ha risposto agli iniziali scetticismi con il lavoro e i risultati ottenuti, vola in campionato e in Europa. I rossoneri sono ancora imbattuti in questa stagione, avendole vinte tutte in ambito internazionale, e guidando la classifica del nostro campionato con quattro vittorie e un pareggio. Proprio in campionato il Milan, dopo la pausa nazionali, era atteso da una prova di forza: prima il derby con l’Inter, poi lo scontro diretto con la Roma. E i ragazzi di Pioli hanno dimostrato di poter lottare alla pari con formazioni ben più esperte. La vittoria nel derby e il pareggio contro i giallorossi hanno dato prova del fatto che il mix di gioventù ed esperienza può veramente fare bene e giocarsela con chiunque.


Se parliamo di questo nuovo Milan però, è impossibile non nominare Zlatan Ibrahimovic. Il fuoriclasse svedese ha portato una ventata di positività e quella mentalità vincente che era necessaria per la completa emancipazione di un gruppo forte ma acerbo. Inoltre, possiamo dare i meriti di questo colpo alla società. Perché la maggior parte degli addetti ai lavori non lo riteneva adatto per un ruolo così importante in una società così importante, non per i mezzi tecnici, indiscutibili, ma per l’età. Probabilmente gli unici a credere in lui sono stati proprio il trio Maldini-Gazidis-Massara, coscienti di ciò che avrebbe portato soprattutto nello spogliatoio. Non vanno poi trascurati i dati sotto porta, 16 goal e primato nella classifica marcatori del nuovo campionato a 39 anni non sono per tutti, anzi per pochissimi.

Ma come si presenta in campo questo Milan? Qual è il sistema di gioco che gli sta permettendo di racimolare tutti questi risultati utili?

Il post lockdown della scorsa stagione ha evidenziato come lo schieramento ideale per valorizzare al massimo tutti i talenti della rosa è il 4-2-3-1. In porta c’è la certezza del presente e del futuro per il club e la nazionale: Gianluigi Donnarumma, ormai maturo e nel pieno della sua carriera. Difesa a quattro guidata dal capitano Romagnoli, che sembra aver trovato in Kjaer il compagno di reparto ideale con il quale comandare la retroguardia. Come terzini, a destra troviamo Calabria, il giovane terzino in crescita esponenziale nell’ultimo periodo, e Theo Hernandez. Anche lui merita un discorso particolare, scartato dal Real Madrid e girato in prestito una stagione alla Real Sociedad, viene convinto personalmente da Maldini in vacanza. Sarà la svolta della sua carriera perché all’ombra del duomo esplode definitivamente a suon di goal, assist e grandi prestazioni, diventando un beniamino della tifoseria e un punto fermo per Pioli.

In mediana troviamo poi tre titolari per due maglie: Kessié, la diga ivoriana in mezzo al campo che nell’ultimo periodo sembra essere tornato quello di Bergamo, Bennacer, il motorino ex Empoli che ha conquistato fin da subito il cuore dei milanisti con grinta e corsa. Infine il colpo del mercato estivo, perché Tonali è quel compromesso tra quantità e qualità che serviva per rinforzare in maniera importante il centrocampo. In più, il centrocampo è proprio quel reparto in grado di cambiare l’assetto tattico della squadra passando magari anche a tre.



Dietro la punta gioca stabilmente Calhanoglu, che da quando il tecnico ha adottato questo modulo, ha trovato una condizione stratosferica e fornisce prestazioni di altissimo livello. Come ali troviamo Rebic, che con Ibra accanto, ha cominciato a girare come tutti i milanisti si aspettavano al momento del suo acquisto. Dall’altro lato c’è Castillejo, anche lui è un giocatore che ha trovato continuità alle sue prestazioni sotto la guida del tecnico parmense.

Non bisogna poi dimenticare le “seconde linee”, arrivate nelle ultime sessioni di mercato e che rispettano pienamente la linea verde voluta dalla società. Perché Leao, Brahim Diaz e Saelemaekers si sono dimostrati più che valide alternative e spesso e volentieri capaci di insidiare i titolari designati per una maglia dall’inizio.

E come abbiamo già detto, la punta è sempre lui, Zlatan, ma con Leao e Rebic in grado di fare anche questo ruolo e di sostituire il campione svedese se necessario.

Insomma, il Milan in questo momento sembra essere la squadra da battere e lo è, probabilmente per la prima volta nella sua storia, senza avere campioni di livello mondiale in rosa ma una rosa di ragazzi volenterosi messa su da una società che si muove intelligentemente, e guidata da un eterno Zlatan.

Il campionato è lungo, l’obiettivo primario del Milan è tornare a giocare la Champions, ma sognare è lecito e nulla vieta ai tifosi milanisti di sognare qualcosa di più grande.