Timo Werner: tanto talentoso quanto odiato

Timo Werner, l’attaccante dell’ RB Lipsia, è senza ombra di dubbio uno dei talenti più promettenti del calcio tedesco e non. È inoltre l’unico centravanti della Bundesliga in grado di tenere il passo di Robert Lewandowski, attaccante del Bayern Monaco dalla media realizzativa clamorosa.

Werner però non è il classico giocatore amato da tutti, anzi, e per capire meglio il perché di tutto questo odio da parte dei tifosi tedeschi nei suoi confronti è necessario ripercorrere ciò che è stato il suo percorso di vita calcistica.

Timo, nasce a Stoccarda il 6 marzo del 1996, anno in cui la Die Mannschaft di Berti Vogts vince il suo terzo titolo europeo in Inghilterra, con Matthias Sammer che in quell’anno viene nominato miglior giocatore della competizione e vince anche il pallone d’oro più contestato della storia.

Il giovane Werner fa vedere fin da subito che con il pallone ci sa fare, entrando nel 2002 a far parte delle giovanili dello Stoccarda, squadra della sua città. Timo gioca nel vivaio dello storico club tedesco, e le sue evidenti doti sono tali da ricevere le prime convocazioni nelle giovanili della nazionale, dall’U15 all’U21.

A coronamento di tutto il percorso fin qui svolto, Timo viene premiato con la vittoria della medaglia d’oro Fritz Walter nel 2013, un riconoscimento conferito annualmente dalla DFB ai migliori giovani tedeschi dell’anno. Il 1° agosto dello stesso anno diventa il più giovane esordiente nella storia dello Stoccarda e comincia ad infrangere record su record. Con la doppietta al Friburgo nel novembre 2013 diventa il più giovane nella storia della Bundesliga a realizzarne una; mentre pochi mesi prima era diventato il più giovane marcatore della storia del suo club. Sarà il più giovane di tutta la storia della massima serie tedesca ad infrangere il muro delle 50, 100 e 150 presenze.

Nel 2016 però, lo Stoccarda retrocede e Timo Werner non vuole scendere nella seconda divisione tedesca, e così accetta l’offerta del Lipsia, un club nato da appena sette anni e che si affacciava per la prima volta sul panorama calcistico della Bundesliga. Conclude così, dopo quattordici anni di militanza, la sua avventura nella squadra della sua città, quella che l’ha lanciato nel calcio che conta. Il suo bilancio con lo Stoccarda sarà di 95 presenze e 16 goal, che gli regalano l’appellativo di talento.

Il 1° primo luglio, dunque, firma per il Lipsia, che versa nelle casse della sua vecchia squadra 10 milioni di euro. Qui, la stella Timo, continua a brillare e nella sua prima stagione con la maglia dei Die Roten Bullen risulta il miglior realizzatore della sua squadra, con 21 goal, e quarto nella classifica cannonieri del campionato. Grazie a questi dati è stato in grado di trascinare la sua squadra ad un inaspettato secondo posto in campionato, qualificandosi così per la Champions League dell’anno seguente. Inoltre, come se non bastasse ciò a certificare l’exploit di questo ragazzo, a conclusione di questa fantastica annata, arriva la chiamata del CT Joachim Löw che lo fa esordire nell’amichevole di Dortmund, una partita che verrà ricordata per l’addio di Podolski alla nazionale tedesca.

L’allenatore della nazionale rimane però piacevolmente colpito dalle prestazioni del ragazzo, e decide quindi dargli un’ulteriore possibilità, inserendolo nei 23 che a giugno partono per la Confederations Cup in Russia, una competizione che la Germania decide di usare come una sorta di test per cercare delle risposte in vista del mondiale dell’anno seguente. Löw decide di convocare una squadra giovane, dove l’età massima era 27 anni, e si può affermare con certezza che la scelta non fu sbagliata perché la Germania trionfa nella finale di San Pietroburgo contro il Cile e vince la sua prima Confederations Cup della storia, trainata durante il percorso proprio da Timo Werner che con tre goal nella competizione vince anche la scarpa d’oro del torneo.

Werner nelle stagioni successive è riuscito nell’intento di continuare sull’onda di quanto di buono fatto nella prima stagione in Sassonia, continuando a segnare goal a profusione e avvicinandosi spesso alla vittoria della classifica capocannonieri in Bundesliga. Le buone prestazioni con la maglia del Lipsia hanno contribuito a fare in modo che il Ct Löw gli affidasse le chiavi dell’attacco della nazionale per il mondiale russo, ma il cammino della Germania non è andato secondo le aspettative, con la squadra che a sorpresa, da campione in carica, è uscita al primo turno e Werner ha rispecchiato in pieno quello che è stato il mondiale della Germania non segnando neanche un goal.

Nonostante la parentesi negativa riguardante Russia 2018, la carriera del ragazzo sembra abbia ormai spiccato il volo. Un centravanti capace di raggiungere sempre una quota intorno ai venti gol tra campionato e coppe. Una punta che però non può essere definita un vero e proprio numero nove, quello che i tedeschi sono abituati a vedere difendere la maglia della loro nazionale. Werner è un giocatore capace di giocatore anche esterno d’attacco, ciò è dovuto soprattutto alla sua grande velocità, che gli permette di correre i 100 metri in 11 secondi e di poter prendere in velocità l’avversario quando si trova palla al piede. È molto abile a smarcarsi e a farsi sempre trovare pronto per ricevere un eventuale pallone in profondità. Un altro suo punto di forza è il dribbling, che lui tende a fare partendo dall’esterno per poi accentrarsi e cercare un varco per calciare in porta. Inoltre le sue grandi doti di finalizzatore gli permettono di far sì che la maggior parte delle occasioni che crea si tramutino in goal.

Che dire, un attaccante con queste caratteristiche farebbe comodo a chiunque, ed infatti le sue prestazioni non sono passate inosservate ai più grandi club europei che in estate si daranno battaglia pur di accaparrarsi le prestazioni di uno dei centravanti che per quanto riguarda il presente, ma anche il futuro, sembra possa dare importanti garanzie.

C’è però un qualcosa che stona nella carriera di Timo Werner, non è tutto rose e fiori purtroppo. Tutto nasce dal suo trasferimento del 2016, dallo Stoccarda al Lipsia. Proprio così, perché il passaggio della punta al club di proprietà della Red Bull non è andato giù non soltanto ai tifosi dello Stoccarda ma a tutti gli appassionati di calcio tedeschi. Questo perché l’RB Lipsia è una squadra nata soltanto nel 2009, per volontà della multinazionale austriaca che prelevando la licenza sportiva del SSV Markranstad, squadra di una città vicino Lipsia che giocava in quinta divisione, ha avuto una rapida ascesa, giungendo in pochi anni ai vertici del calcio tedesco.
I tifosi tedeschi reagirono in maniera negativa all’avvento di questa società calcistica, sostenendo che l’acquisizione di questo club sia una spregevole operazione di marketing per pubblicizzare l’energy drink prodotta dalla proprietà.

Le tifoserie hanno cercato un capro espiatorio con cui prendersela per tutto ciò, e l’hanno trovato in Werner, giocatore simbolo di questo club, che sta dando un grosso contributo nella scalata ai vertici del calcio tedesco. L’attaccante è spesso preso di mira in tutti gli stadi della Germania in cui va a giocare, viene sommerso di fischi e di insulti. In Germania è diventato molto popolare un coro volgare contro Werner, a tal punto da essere cantato in ambienti anche non riguardanti il calcio.

Inoltre come se non bastasse, a gettare benzina sul fuoco, va considerato anche il fatto che il ragazzo sembra che soffra di un problema circolatorio legato all’apparato uditivo, che lo rende molto sensibile ai rumori forti e gli può causare una serie di problemi come giramenti di testa, nausea, perdita dell’equilibrio, dolori alla colonna vertebrale o addirittura provocare degli svenimenti. Un episodio particolare riguardante questo problema è stata la partita di Champions League tra il Besiktas e il Lipsia. La tifoseria del club turco è nota per il suo calore e per il grande rumore che fa per sostenere la sua squadra quando gioca in casa. Pare che questo forte rumore abbia creato forti disagi alla punta tedesca: durante una partita, nonostante fosse ricorso all’uso di tappi per le orecchie, fu costretto ad uscire dal campo.

Insomma, Timo Werner, non è sicuramente l’idolo dei tifosi della nazionale, ma senza ombra di dubbio rappresenta una delle loro più grandi speranze di rialzarsi dopo l’ultima debacle mondiale, e sarà senza ombra di dubbio uno dei punti fermi della nazionale dei prossimi 10 anni. Restiamo in attesa che la sua carriera decolli definitivamente, e chissà che non lo faccia in uno dei più grandi club del mondo.


Igli Tare: la scommessa vinta dalla Lazio.

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Per parlare di Igli Tare dobbiamo tornare indietro di qualche anno, più precisamente ad un anno: il 2008.
L’annata che precede gli europei in Austria e Svizzera non è particolarmente brillante per la società del patron Lotito, la Lazio conclude infatti dodicesima in campionato, in Coppa Italia esce in semifinale a discapito dei cugini dell’Inter e in Champions League va fuori da ultima classificata ai gironi.

Della rosa allenata da Delio Rossi fa parte questo attaccante albanese, senza un grandissimo fiuto del goal, ma che evidentemente ha ben altre doti. E questo lo nota in particolar modo il presidente Lotito. Igli Tare alla fine di quella stagione è in scadenza di contratto e il presidente, invece di proporgli un rinnovo per continuare la sua carriera da calciatore, gli offre un ruolo dirigenziale, inizialmente di coordinatore dell’area tecnica, che lui accetta molto volentieri.
Il nove luglio, dopo aver posto la firma su un contratto biennale, parte a seguito della squadra per il ritiro estivo di Auronzo di Cadore. Ma l’ascesa dell’allora 35enne Tare nelle gerarchie della società biancoceleste non è finita, perché dopo aver ricevuto il diploma da direttore sportivo a Coverciano con il massimo dei voti il 20 aprile 2009, va subito a ricoprire questo ruolo nella Lazio.

Scelta che, sia qui in Italia che nel suo paese natale, l’Albania, fa molto scalpore. Tutti si chiedono come mai Claudio Lotito azzardi così tanto nel mettere un uomo così giovane a ricoprire un ruolo di tale importanza. Tutti danno del matto al patron laziale, senza sapere però che questa sarebbe stata la sua più grande scommessa vinta. Lotito punta su di lui innanzitutto perché parla fluentemente sei lingue; seconda cosa, ma non meno importante, perché nella sua carriera da calciatore non aveva fatto parlare un granché delle sue gesta e di conseguenza può ricoprire un ruolo di spessore senza avere troppa attenzione mediatica addosso. Altro importante fattore è il senso del dovere e la dedizione di Igli al lavoro, grande a tal punto da farlo finire per nove giorni in terapia intensiva a causa del troppo stress causatogli dal lavoro stesso.

I tifosi biancocelesti però, dopo i primi anni in cui la squadra rimane non competitiva, mostra diffidenza verso questa scelta e la sua figura. C’è voluto un po’ di tempo prima di capire il vero lavoro di Igli Tare, un direttore sportivo che con un budget otto, nove volte inferiore ai grandi club del vecchio continente ma anche del nord Italia, è stato capace di allestire una squadra che al giorno d’oggi lotta per la vittoria dello Scudetto.

Se guardiamo nello specifico l’undici titolare della Lazio di quest’anno balzerà subito all’occhio la somma spesa per acquistare ogni giocatore e il contesto in cui questi si trovavano prima di approdare a Formello. Come esempio del suo lavoro e delle sue grandi doti di scopritore di talenti si può prendere il centrocampo della Lazio, interamente costruito da Tare e che oggi ha pochi rivali in Italia.

Partendo da Luis Alberto, un giocatore smarrito, dalle grandi doti tecniche ma che non era mai riuscito a fare il grande salto; passando poi per Leiva, un centrocampista dato ormai per finito a Liverpool e acquistato da Tare per soli 5,5 milioni di euro, rinato sotto la guida di mister Inzaghi e oggi faro della mediana laziale. Arrivando poi a Sergej Milinkovic Savic, arrivato all’ombra del Colosseo per poco più di dieci milioni e ad con un valore decuplicato.

Queste sono solo alcune delle intuizioni del ds biancoceleste, un uomo capace di credere in un Klose ormai scaricato dal Bayern Monaco, di ridare fiducia all’attuale capocannoniere del nostro campionato dopo delle stagioni fallimentari all’estero, e di riportare in Italia Joaquin Correa. Per non parlare poi di tutti i calciatori scoperti in giro per il globo come De Vrij, Hernanes, Felipe Anderson, Lucas Biglia, quasi tutti diventati poi delle importanti plusvalenze. Certo, l’esperienza di Igli Tare alla direzione della Lazio ha visto anche tanti buchi nell’acqua, meteore passate per Formello come ad esempio Ravel Morrison, Ricardo Kishna, Gael Kakuta e tanti altri, ma che nella valutazione generale del suo lavoro passano in secondo piano grazie anche alle bassissime cifre che sono state spese per acquistarli.

Ciò che però può sorprendere di più di questo lungimirante direttore sportivo, è probabilmente il modo in cui lavora. Proprio così, perché al contrario di tanti suoi colleghi, fa affidamento quasi esclusivamente su sé stesso e su di una piccola squadra di analisti, oltre che su una piattaforma russa di statistiche e scouting. Spesso passa le nottate intere a visionare le giocate dei calciatori che più gli interessano e se c’è un giocatore che lo convince, allora va a vederlo personalmente, in qualsiasi parte del mondo giochi, perché oltre all’aspetto tecnico, è fondamentale anche conoscere l’aspetto caratteriale del giocatore.

Insomma, grazie al lavoro svolto negli ultimi undici anni, Igli Tare si è guadagnato non solo la grande stima del presidente Lotito, ma anche di tutta la tifoseria biancoceleste, che adesso apprezza il suo operato e gioisce alle giocate e alle vittorie che arrivano grazie ai giocatori portati dall’albanese nella capitale.

Il grande impegno del D.S. albanese è facilmente riassumibile anche nei trofei che la Lazio è riuscita a mettere in bacheca durante gli anni in cui lui ha ricoperto questo ruolo: tre Coppe Italia e tre Supercoppe Italiane.
Il suo lavoro, inoltre, non è passato inosservato neanche agli altri grandi club che vorrebbero averlo nel loro staff dirigenziale. È recente la notizia della trattativa da parte del Milan che avrebbe fatto di tutto per far sì che diventasse un dirigente rossonero, ma Igli dopo un leggero tentennamento ha deciso di rimanere a Roma, che ormai sente come casa sua.

Ormai è uno dei migliori nel suo campo, ha fatto un grandissimo lavoro con la Lazio e tutto l’ambiente laziale spera di sognare ancora più in grande.

Fase Eliminazione diretta


Cliccando qui sotto su Download troverete la lista delle squadre, con le rose complete, ed il girone in cui siete stati sorteggiati.

SEDICESIMI DI FINALE

ASD MassiminaCannabiss1999 3 – 4 0-0
Fc AffossatiScarsenalfc19 1 – 1 3-1
Catanesi46Pzzulaen 3 – 6 1-3
Dicitone TeamSONNO DC 0 – 00-3
FcRiotersteam 50058 6 – 12-1
Quarantena420Real Napoli 24 0 – 22-1
CSK LA CaCCaCARRARESE 0 – 12-4
FORTIIIIIKing y King 1 – 03-0
NGF FCFC PARIOLI 4 – 02-2
Flynet CovoItalian Jaguars 1 – 10-0 (2-0)
Novara CalcioNEW SOA 1 – 21-1
999ClubAtl INPS 0 – 11-1
PlayStrong eSportRione Nessy 14 1 – 04-2
TELARICO FCATLETICOsaraiTU 0 – 13-1
GT eSportsGLI ZEBRONI 1 – 04-0
HALLofGAMESStellaCity 6 – 02-0

OTTAVI DI FINALE

NEW SOAFlynet Covo 0 – 0 2 – 1
FORTIIIIICARRARESE 1 – 2 1 – 0 / 0-3
PzzulaenFc Rioters 2 – 1 2 – 3 / 3-1 (rig)
NGF FCSONNO DC 2 – 0 3 – 0
Fc AffossatiAtl INPS 0 – 1 2 – 1 / 0-1
Real NapoliGT eSports 1 – 3 0 – 5
Cannabis1999PlayStrong eSports 2 – 2 0 – 1
TELARICO FCHALLofGAMES 1 – 1 2 – 0

QUARTI DI FINALE

NGF FCTELARICO FC 1 – 1 1 – 1 (2-1)
PzzulaenCARRARESE 3 – 0 2 – 3
GT eSportsNEW SOA 0 – 1 3 – 0
Atl INPSPlayStrong eSport 2 – 2 1 – 5

SEMIFINALI

NGF FCPzzulaen 1 – 0 0 – 0
Gt eSportsAtl INPS 2 – 0 5 – 2

FINALE

NGF FCGt eSports ? – ? ? – ?

CLASSIFICA MARCATORI E ASSISTMAN.

Classifica Marcatori - SEMINIFALI TORNEO PRO CLUB
Classifica Marcatori – SEMINIFALI TORNEO PRO CLUB
Classifica Assist - SEMINIFALI TORNEO PRO CLUB
Classifica Assist – SEMINIFALI TORNEO PRO CLUB

Le origini del tifo organizzato degli Ultras Brescia

Se nel precedente articolo abbiamo parlato della storia degli Ultras della Dea, oggi ci spostiamo in casa dei loro rivali gli Ultras del Brescia.

Dal 1960 al 1995, gli Ultras Brescia

Le origini del tifo organizzato del Brescia le abbiamo nel 1960 con il primo gruppo, denominato +21. Questo era un sodalizio di ventuno ragazzi che diedero vita ad un primordiale movimento ultrà. Successivamente nel 1979 nacque il Commando Ultrà Curva Nord, meglio noto come “U*BS” e presente negli stadi con lo striscione “Ultras Brescia“. La neonata associazione si fece subito un nome, risultando tra le tifoserie più attaccate alla squadra, ma non solo. Diversi fatti di cronaca la fecero conoscere al resto d’Italia per diversi gesti e atti violenti verso altre tifoserie, specialmente contro la curva atalantina.

“Commando Ultrà Curva Nord”

Nella partita contro il Piacenza (1992), i tifosi bresciani sfondarono la cancellata del settore ospiti invadendo il terreno di gioco con la conseguente sospensione della partita. L’anno successivo, nel derby lombardo con l’Atalanta, dopo aver derubato i “rivali” bergamaschi del loro striscione, seguirono violenti scontri in campo e per tutto l’arco della giornata, con numerosi feriti tra le due tifoserie e le forze dell’ordine.

Durante Brescia-Roma, stagione 1994-1995, le due tifoserie vennero a contatto e l’intervento delle forze dell’ordine riuscì a calmare gli animi solo nel tardo pomeriggio. Rimase ferito il vice questore Selmin da una coltellata dei tifosi giallo-rossi. Questo episodio portò, insieme alla pressione dei media, allo scioglimento degli U*BS. Il panorama dei bianco-azzurri era diviso, da una parte i Brescia 1911 e il gruppo dei Brixia (curva nord) e dall’altra i Brescia Curva Sud e il gruppo Sezione.

Il “Grande Brescia” e il Progetto Ultrà

Il destino sorriderà ai nuovi assembramenti, vedranno il migliore Brescia della storia. Le avventure in campo europeo (la finale intertoto con il PSG), la leggenda di Roberto Baggio e le esaltanti stagioni con l’allenatore Mazzone. Si riempirono le gradinate, portando al consolidamento della scena ultrà locale. All’interno della quale il gruppo “Mentalità Ultras Brescia 1911” aveva un ruolo chiave, anche per l’adozione di Progetto Ultrà (promosso dalla Regione Lombardia affinché ci fosse meno violenza negli stadi) a cui non aderivano i gruppi della gradinata.

Il periodo d’oro delle “rondinelle” non porta serenità tra i tifosi. Un primo spostamento sarà quello dei gruppi presenti in gradinata alla curva sud, destinata agli ospiti, adottando lo striscione Commando Ultras. Nel 2011, dopo anni di dissapori, i sodalizi “Brigata Sballata“, “Brescia Curva Sud“, “Brixia“, “Castel Brigata Leonessa” e “Sezione” si riunirono sotto la sigla di Curva Nord Brescia. Facendo così Brescia 1911 dovette spostarsi in gradinata bassa.

Oggi

Ad oggi il tifo bresciano è molto vivo, anche per la ritrovata Serie A dopo diversi anni. Lo scorso giugno il gruppo ultras Brescia ha festeggiato i suoi quarant’anni di attività.

Altre storie del tifo organizzato: Lazio, Roma, Torino, Juventus, Inter, Milan e Atalanta.

Torneo Pro Club: regolamento e iscrizioni

Benvenuti al secondo torneo solidale di FIFA 20 organizzato da noi di Omnia Football, in collaborazione con R1 Group, TAG Distribuzione e Brain Service, finalizzato alla raccolta fondi per gli Ospedali in prima linea contro il Covid-19.
Questa volta, per permettere un’esperienza coinvolgente al massimo, abbiamo scelto la modalità Pro Club, che consente di affrontarsi tra squadre composte da 11 giocatori.


Per ogni squadra iscritta i nostri sponsor effettueranno una donazione di 5€ alla Protezione Civile!

Al termine delle iscrizioni (Lunedì 13 alle ore 20), o al raggiungimento delle 64 squadre iscritte, comunicheremo la formula finale (che sarà sicuramente gironi con partite A/R, poi fase ad eliminazione diretta A/R con finale secca). Ogni giorno si giocherà un turno (quindi due partite), con i capitani che si accorderanno per l’orario.
L’iscrizione è GRATUITA, il team vincitore si aggiudicherà i 150€ del primo premio, mentre i finalisti riceveranno 75€!

Non avete una squadra? Non vi preoccupate! Nel modulo per le iscrizioni troverete un numero a cui contattarci: indicateci il vostro ruolo e vi metteremo in una lista di players che cercano squadra!

Vi invitiamo a leggere il regolamento completo del torneo e poi completare l’iscrizione QUI!

Locandina dell'evento "Torneo Solidale FIFA 20"
Locandina dell’evento “Torneo Solidale FIFA 20”

Regolamento

  1. ROSE.
    Numero minimo giocatori: 7 (Qls facoltativo).
    Il capitano, finalizzata l’iscrizione, verrà ricontatta e dovrà comunicare i PSN di tutti i giocatori della rosa. Una volta iniziato il torneo non sarà più possibile aggiungere nuovi giocatori.
  2. ORGANIZZAZIONE PARTITE.
    I capitani si accorderanno, sentita la propria squadra, sull’orario in cui disputare i due incontri (chiediamo, in questo periodo di “quarantena”, uno sforzo da parte di tutti gli iscritti sulla disponibilità oraria, finalizzata al divertimento di tutti!). In caso di mancato accordo l’orario della partita dovrà essere le 22.30.
    Se una squadra non si presenta, dopo 15 min dall’orario stabilito sarà assegnata la vittoria a tavolino alla squadra pronta a giocare (previa esposizione di foto/video della squadra pronta e dell’orario).
  3. SVOLGIMENTO PARTITE.
    In caso di squadra con numero di giocatori inferiore a 7 sarà nella facoltà della squadra avversaria decidere se giocare ugualmente o guadagnare la vittoria a tavolino (sempre previa esposizione foto).
    Entro il 5′ minuto di gioco una squadra può decidere di interrompere la partita in caso di crash player nell’avvio. Le squadre potranno rigiocare così la partita anche modificando i ruoli, ma non aggiungendo alcun giocatore in più a quelli precedentemente schierati.
    In caso di rete entro i primi 5 min se una delle due squadre esce occorrerà riprendere la seconda partita da quel risultato (no se il gol viene segnato con i giocatori fermi, intenti ad uscire dalla partita).
    Le espulsioni non rileveranno nelle partite successive!
  4. DIVIETI.
    È vietato, pena sconfitta a tavolino (previa esposizione foto da parte della squadra avversaria):
    – Piazzamento uomo sul palo su calcio di punizione.
    – Disturbo sul portiere su calcio di punizione/angoli.
    – Perdita di tempo alla bandierina prima del minuto 85.
  5. INVIO RISULTATI.
    Al termine della partita i capitani effettueranno una foto/video al report partita, comprensivo di gol e assisti: saranno essenziali per compilare la classifica marcatori e la classifica assist.
  6. FASE A GIRONI.
    Gli incontri saranno andata e ritorno, da giocare nella stessa giornata, ed i criteri di classifica i seguenti: Punti. Classifica avulsa (a parità, differenza reti nella classifica avulsa). Differenza reti totale. Gol segnati. Spareggio.
  7. FASE ELIMINAZIONE DIRETTA.
    Nella fase ad eliminazione diretta conterà la differenza reti, ma non i gol in trasferta. Poiché il gioco, in caso di 1-0 all’andata e 0-1 al ritorno, non lascia la possibilità di effettuare supplementari e rigori, in caso di parità assoluta tra andata e ritorno sarà disputata una terza partita (ATTENZIONE: IN CASO DI DOPPIO PAREGGIO GIOCATE DIRETTAMENTE SUPPLEMENTARI E RIGORI), il cui risultato determinerà il passaggio del turno.

    La Finale sarà a partita UNICA.

Trovate il modulo per l’iscrizione QUI!

Lunga vita alla Coppa Rimet: il trofeo diventato leggenda

La Coppa Rimet, antenata della Coppa del mondo, ha vissuto una storia degna del miglior film di Hitchcock: tra rapimenti, fughe e maledizioni, la coppa alata ne ha viste davvero di ogni.
Ma andiamo per gradi.

Tutto iniziò nel 1928, quando venne istituita la prima competizione per nazioni e Jules Rimet, il presidente FIFA, assegnò all’Uruguay il compito di organizzare il torneo. Nacque così la coppa del Mondo, una statuetta in argento rappresentante la vittoria alata Nike che reggeva una coppa. Solo nel 1946 verrà rinominata Coppa Rimet, dopo aver superato non poche vicissitudini.

Il primo mondiale venne vinto dai padroni di casa dell’Uruguay, poi il trofeo si spostò in Italia, che trionfò nelle edizioni del 1934 e 1938. L’Italia avrebbe avuto nell’edizione successiva la possibilità di aggiudicarsi definitivamente il trofeo (la Coppa Rimet infatti veniva assegnata definitivamente alla Nazionale in grado di sollevarla per tre volte), ma lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale impedì di disputare i mondiali.

In tempi di guerra l’argento, placcato oro, fa sempre comodo: per questo motivo, o forse per motivi di egocentrismo, Hitler ordinò alle SS di sequestrare la coppa. Qui nacque la leggenda: le truppe tedesche si recarono a casa di Ottorino Barassi, vicepresidente FIFA, il quale negò di avere con sé il trofeo. Nonostante ciò i militari perquisirono l’abitazione di Piazza Adriana, senza però trovare nulla: la Coppa Rimet rimase incredibilmente nascosta in una scatola di scarpe sotto il letto dell’ingegner Barassi, un nascondiglio tanto elementare quanto efficace. Ma questo è solo il primo capitolo di una storia incredibile.

Nel 1966 l’Inghilterra, organizzatrice del Mondiale, espose in una mostra di francobolli presso la Westminster Central Hall anche il trofeo, che però venne rubato. Fu accusato il disoccupato Edward Bletchley, arrestato dopo aver organizzato un incontro con Joe Mears, il presidente della Football Association, per il riscatto del trofeo. Egli affermò di essere un semplice mediatore, e di non conoscere la posizione della coppa, che venne misteriosamente ritrovata pochi giorni dopo da un cagnolino. Non si seppe mai chi pagò l’alto riscatto a Bletchey, che da umile disoccupato non poteva certamente permetterselo.
Da qui crebbero i misteri intorno alla Coppa Rimet: la FA, nonostante la FIFA negò il permesso, decise di eseguire una copia del trofeo in bronzo dorato, e per anni nessuno seppe di quale delle due copie era in possesso, al punto che la FIFA nel 1997, convinta di aggiudicarsi l’originale acquistò la copia all’asta per ben 254.000 sterline!

Pickles, il cagnolino che salvò la Coppa Rimet
Pickles, il cane che recuperò la Coppa Rimet

Nel 1970 il Brasile superò l’Italia in finale e si aggiudicò definitivamente il trofeo, avendo vinto per tre volte la rassegna, ma la storia non finisce qui.
Infatti nel 1983 quattro criminali tra cui un ex poliziotto rubarono la Coppa Rimet dalla sede della Confederazione Brasiliana di calcio. La polizia comunicò pochi giorni dopo che la coppa alata era stata fusa, ed i lingotti venduti ad un prezzo irrisorio.

In realtà l’argento placcato non vale un granché, e tutte le storie legate a questa coppa sono piene di particolari sfocati. Se quindi effettivamente sia stata fusa la Coppa Rimet è un mistero che non sarà mai risolto. A noi piace credere alla storia di Juan Carlos Hernandes, uno dei ladri in Brasile, che sostiene che la leggendaria coppa si trovi in realtà in Italia, in bella vista nella casa di un miliardario ammaliato da tutta la storia che ha vissuto la Coppa Rimet.

It’s coming home, la musica nel calcio.

Probabilmente quando sulla pagina facebook avevamo lanciato la sfida di parlare di calcio tramite la musica, quasi tutti sapevano che saremmo arrivati a questo momento.

Forse Ian Broudie, della band Lightning Seeds, quando ha scritto “Three Lions” con la partecipazione dei comedians David Baddiel e Frank Skinner del programma Fantasy Football League non pensava sarebbe diventata in poco tempo un’inno. L’idea era quella di scrivere una canzone che potesse celebrare il ritorno dell’europeo (1996) in terra inglese, però così non fu. La melodia si alzava tra i tifosi dopo ogni goal e vittoria della nazionale dei Tre Leoni, specialmente quando questi erano i favoriti in un Mondiale o in un Europeo.

Oltre ad essere una bellissima canzone, in perfetto stile inglese, il brano ha diversi collegamenti al mondo del calcio. In una strofa possiamo leggere “that tackle by Moore“, riferito a un tackle di Bobby Moore realizzato nel 1970 ai danni dell’attaccante Jairzinho oppure “When Lineker scored” riferito a un gol segnato da Gary Lineker contro la Germania dell’Ovest a Italia ’90. Potremmo citare anche “Bobby belting the ball” che fa riferimento al gol di Bobby Charlton contro il Messico nel vittorioso 1966 e ancora “And Nobby dancing“, che ricorda i festeggiamenti di Nobby Stiles con la Coppa del mondo tra le mani nel ’66, vinta contro la Germania dell’Ovest.

Insomma è senz’altro entusiasmante, nonostante l’inizio sia di tutt’altro carattere.

Nelle prime strofe Broudie fa leva sulle brutte prestazioni della nazionale inglese degli anni precedenti, con lo scopo di risvegliare il leone che dormiva in ogni tifoso. Usa anche del ritornello “it’s coming home” per ricordare che il calcio, finalmente, stava tornando a casa. Però le cose non rimasero così, e ci impiegarono davvero poco a trasformarne il significato spingendolo oltre, non era solo il calcio che tornava a casa ma bensì l’Europeo o la Coppa del Mondo di turno.

Raccontato ciò non mi resta che augurarvi buono ascolto.

eSeria A TIM

La Seria A TIM, come l’Italia, è ferma oramai da oltre un mese. Era il 9 Marzo scorso quando a Reggio Emilia si giocava la 26esima giornata di campionato, tra Sassuolo – Brescia vinto per 3 a 0 dai locali. Da quella sera il campionato è stato sospeso, a data ancora da definirsi, a causa del COVID-19.

La FIGC ha messo così in piedi, nelle settimane successive, un torneo alternativo che potesse andare incontro alle restrizioni imposte dal Governo Conte. La eSeria A è il campionato online, sulla piattaforma Football PES 2020 che sta sostituendo momentaneamente la massima serie.

Le società di Seria A hanno recentemente formato le proprie squadre virtuali, acquistando dei “Pro Player” che potessero sfidarsi online e in diretta con le altre compagini. Infatti, è stato aperto un nuovo canale YouTube, dove ogni settimana vengono trasmesse le partite. Il torneo prima di arrivare alle attuale fasi a gruppi ha visto le qualificazioni online, il draft per arrivare ai group stage, e continuerà con i play off e la fase finale.

Le Qualificazioni online vedono quattro tornei aperti a 1024 giocatori ciascuno, i trenta migliori giocatori non professionisti potranno essere scelti dai club e partecipare alla competizione, gareggiando per la società che ha più creduto in loro. Questi tornei si svolgeranno tramite la piattaforma online Battlefy.

Il Draft è uno degli elementi distintivi della competizione e permetterà a tutti gli aspiranti pro player di far parte di un club di Serie A TIM e competere per il titolo. Ogni club partecipante è infatti costituito da due giocatori: di questi, almeno uno proviene dal Draft, mentre l’altro può essere un pro player già legato alla squadra. I migliori trenta giocatori di e Football PES 2020 usciti dagli Open Qualifier potranno quindi essere scelti da un club in base all’ordine stabilito dalla Draft Lottery (un’estrazione casuale che determinerà l’ordine con cui i club potranno scegliere il loro, o i loro, giocatori) e giocarsi così le loro chance nella eSerie A TIM.

Il Group Stage prevede la divisione dei 18 club in due gironi da cinque e due gironi da quattro. Ogni girone sarà all’italiana e vedrà le squadre sfidarsi in gare andata e ritorno con risultato cumulato. Le partite si giocheranno di lunedì e martedì negli studi di Infront Italy e serviranno per stabilire chi nei playoff accederà al Winner Bracket e chi, invece, dovrà guadagnarsi la permanenza attraverso il Knockout Stage. Nella Regular Season i Club potranno inoltre scegliere a quale giocatore far disputare le singole partite.

I Playoff, divisi in Winner e Loser Bracket. Al primo accedono le prime tre di ogni girone (le prime passeranno direttamente al secondo turno), mentre nel secondo atterrano le quarte classificate. Le ultime, invece, si sfideranno in un mini torneo chiamato Knockout Stage che assegnerà gli ultimi due posti a disposizione. Le squadre si sfideranno in partite andata e ritorno con risultato cumulato fino a che non saranno rimaste solo le migliori 8.

La Fase Finale è la conclusione del Bracket Playoff e verrà disputata sempre in modalità a doppia eliminazione. Ad accedere a questa fase saranno i 4 club uscenti vittoriosi dal 2° turno del Winner Bracket e i 4 club vincitori del Loser Bracket. Le partite saranno disputate andata e ritorno con risultato cumulato nel Winner Bracket mentre saranno a eliminazione diretta nel Loser Bracket. La finalissima che incoronerà il primo campione della eSerie A TIM sarà andata e ritorno con risultato cumulato.

Non sarà di certo all’altezza della Serie A fisica, difficile possa trasmettere le stesse emozioni. Rimane un buon momento di svago, che in questo periodo non è facile trovare. Nella speranza si possa tornare allo stadio, alla normalità e alla vita di sempre vi auguriamo in bocca a lupo per la vostra squadra.

Le origini degli Ultras dell’Atalanta.

Da Milano, dove abbiamo parlato di Inter e Milan, percorriamo circa 50 km e arriviamo a Bergamo, casa dell’Atalanta e dei suoi tifosi.

In un recente studio, realizzato da StageUp ed Ipsos, si è venuti a conoscenza di un bacino di sostenitori di circa 245.000 persone. Scopriamo come sia possibile che questa squadra abbia fatto innamorare così tante persone.

Nacque tutto il 12 dicembre 1971 durante Verona – Atalanta (vinto 1 a 2) dove i tifosi di ritorno dal match, impressionati dal tifo veronese, decisero di fondare in pullman il primo gruppo Ultras: gli “Atalanta Commandos“. Questi esposero il loro primo striscione solo pochi anni più tardi, per di più in Curva Sud.

Infatti, lo spostamento nella più iconica “Curva Nord” avvenne poco dopo a causa del sole battente delle gradinate Sud e per il costo del biglietto, superiore al settore opposto.

Prima del Commandos non vi erano club ultrà che intendevano il tifo come quest’ultimi. Il neo-gruppo di stampo apolitico aveva come unico obbiettivo tifare la “Dea“. Organizzarono negli anni camminate, pullman propri, partite di calcio distribuendo un giornalino per diffondere la mentalità Ultras.

Successivamente nacquero gli “Ultras-Fossa” che raggrupparono i tifosi della provincia bergamasca, gli “Atalanta Panthers”, gruppo di Dalmine (un piccolo comune) e ancora gli “Sbandati“, conosciuti più per la sudditanza all’alcool. Infine, non per importanza, nacquero le “Brigate Neroazzurre” che riunirono i piccoli gruppi della provincia, grazie alla leadership carismatica.

Le Brigate, nate da una costola del Commandos, si staccarono dalla linea dei vecchi compagni volendo essere più trasgressivi. Da qui in avanti, per il sodalizio iniziò un’ascesa continua che lo porterà in breve tempo a diventare uno delle associazioni più ammirate e rispettate di tutta Italia.

Oltre allo stile rissoso, trasgressivo e burrascoso, il gruppo introdusse la politica all’interno della tifoseria. Nello specifico, durante i match della Dea in curva nord si vedeva sventolare al sole una bandiera con sfondo rosso e volto del Che Guevara.

Lo schieramento possedeva l’egemonia dell’ambiente fino al 1982, quando idee divergenti portano alla creazione di due gruppi: l’Armata Nerazzurra e  l’Island Collective (rappresentanza dei paesi dell’isola bergamasca).

Nel 1983 venne fondato un gruppo, destinato a fare la storia, i Wild Kaos Atalanta. I Kaos non sostenevano nessuna amicizia con nessun’altra tifoseria. Ci fu però un caso più unico che raro: durante una trasferta a Cagliare i locali ospitarono a loro spese il gruppo atalantino, pagando pranzo e cena a tutti e quarantadue i componenti. Da quel momento in poi nacque un’amicizia che dura ancora oggi.

I due gruppi in foto arrivarono presto ad una spaccatura. I Kaos durante una partita contro la Sampdoria intonarono dei cori contro i blucerchiati, iniziativa che non piacque alle Brigate, amici dei doriani.

Da questa spaccatura nacque la figura di Claudio Galimberti, detto il “Bocia“. Fondò la Nuova Guardia, che avrà vita breve ma utile a dare un segnale forte a tutto lo scenario ultrà. Nel 1998 nacquero, sotto la guida del Bocia, gli Atalanta Supporters dove la politica era scissa dal gruppo, “noi tifiamo Atalanta. La politica è un’altra cosa“, portando allo scioglimento i vecchi sodalizi esistenti e rimanendo l’unica realtà importante dell’intera curva nord dello stadio atalantino.

In conclusione, spero possa questo racconto portarvi a conoscere un tifo così caldo e che in queste settimane ha dato molto all’Italia. Gli Ultras della Atalanta hanno realizzato, insieme agli Alpini, l’ospedale da campo più grande d’Europa. Rispettando i tempi molto limitati a causa della pandemia di COVID-19, che vede l’Italia tra le più colpite al mondo. Grazie di cuore di quanta passione mettete sugli spalti e fuori dallo stadio.

Altre storie del tifo organizzato: Lazio, Roma, Torino, Juventus, Inter e Milan.

Nuovo tifo organizzato della Lazio.

Se in passato abbiamo parlato degli Ultras della Lazio dagli albori, fino ai primi anni del 2000, oggi dobbiamo scrivere un ulteriore tassello della loro storia. Perché uno dei gruppi più iconici, gli “Irriducibili”, dopo trentadue anni di attività, il 27 febbraio 2020 si è sciolto.

Lo scenario all’Olimpico di Roma è cambiato, non poco. Prima della partita casalinga tra Lazio e Bologna lo scorso 29 febbraio si presentava una situazione simile a questa:

Ovvero, con la presenza di più “pezze” esposte ognuna vicino al proprio gruppo di tifosi. Già dalla partita prima citata campeggiava invece un solo striscione, con scritta bianca su sfondo blu scuro: “Ultras Lazio“.

L’intenzione degli Ultras laziali sembra essere quella di riunire sotto questo pseudonimo l’intero scenario “Ultrà” della curva capitolina. Infatti, non sono più state esposte altre pezze di altri gruppi.

Quelle ancora visibili sono nei settori Distinti dell’impianto romano.

Probabilmente la scomparsa prematura di “Diabolik”, storico capo ultrà del gruppo, morto lo scorso agosto in un agguato al parco degli Acquedotti di Roma ha scosso l’ambiente. Anche se l’attuale capo ultras degli irriducibili Franco Costantino, conosciuto negli ambienti della tifoseria laziale come “Franchino”, commenta così: «Una decisione sofferta ma no, la morte di Fabrizio (Piscitelli Diabolik, ndr) non c’entra».

In conclusione, quello che sarà il nuovo gruppo romano non lo sappiamo. Di certo si assume il peso, le responsabilità di portare ad un livello più alto il tifo organizzato. Le aspettative sono di certo alte, il vecchio gruppo lascia un’eredità più che trentennale con decine di coreografie passate alla storia, così come i cori che negli anni hanno animato il settore più caldo del tifo. Così come sono impressi nelle menti di molti i cortei a Londra, Glasgow, Sofia e tanti altri in Italia e in Europa.