Ponte Carrega: dove è nato il calcio italiano.

Terzo appuntamento con “I templi del football”. Recentemente vi abbiamo parlato delle origini del calcio in Italia nell’articolo Le origini del nome: calcio o football, ora vi parliamo di dove è nato il calcio italiano e dell’impianto che ha ospitato la prima partita registrata.

Nel 1898 il calcio in Italia era ancora cosa per pochi. Solo chi aveva contatti con l’Inghilterra conosceva, vagamente, questo sport e le sue regole. Di conseguenza in Italia le strutture non erano presenti e le prime partite venivano giocati in campi riadattati.

Proprio gli inglesi, e in particolare il Dottor Spensley, fondarono il Genoa Cricket and Football Club. Questo club e una selezione di giocatori provenienti da Torino, allenata dal leggendario Edoardo Bosio (vedi Le origini del nome: calcio o football), si scontrarono nella prima partita di calcio ufficialmente documentata.

La data scelta fu il 6 Gennaio 1898. Molti giornali sportivi, tra i quali la Gazzetta dello Sport, annunciarono la storica partita sperando di portare il maggior numero di persone ad assistervi.

Siccome gli organizzatori dell’amichevole furono proprio i Genoani, la partita fu giocata nella città della lanterna. Il campo scelto: il campo sportivo di Ponte Carrega.

Un immagine della partita. Il portiere nella foto è Richard Spensley, leggenda del Genoa.

Il campo di Ponte Carrega venne inaugurato l’anno precedente, il 1897, per essere utilizzato come velodromo. Ma come detto nei paragrafi precedenti, vista la scarsa popolarità del football, le squadre dovettero adattarsi a giocare in queste strutture.

L’impianto non disponeva di tribune, ma solo di una sorta di Club House per gli affiliati del circolo velico lì presente. Il nome, Ponte Carrega, derivava dalla locazione del campo sportivo, che era situato nel quartiere di Staglieno vicino al ponte Settecentesco delle Carraie (in genovese delle Carræ), riportato erroneamente nell’Italiano Carrega.

Un’immagine di Ponte Carrega

Per la partita furono spese 13 lire per lavorare il terreno in modo da renderlo praticabile per una partita di calcio e 3 lire di lavori al campo sportivo. Non essendoci tribune, agli spettatori venne data la possibilità di affittare delle sedie con un’aggiunta di una lira a quella dovuta per l’ingresso. In totale furono venduti 261 biglietti, 154 al prezzo di 1 lira; 84 a 1 lira più 1 per la sedia; 23 a metà prezzo per i soci e 27 ingressi dati ad amici e parenti dei giocatori. In totale, quel giorno, Ponte Carrega ospitò 288 persone creando un ricavo di 101 lire.

Il 13 Gennaio 1907 venne giocata l’ultima partita al Ponte Carrega: il derby tra il Genoa e l’Andrea Doria, che nel secondo dopoguerra insieme a Liguria e Sampierdarenese si unì per formare la Sampdoria, e finì 1-1. Dal 1907 il campo sportivo venne chiuso per lasciar spazio ad un gasometro; la dirigenza genoana decise quindi di costruire un campo nella zona di San Gottardo che venne inaugurato l’8 Dicembre 1907. San Gottardo si rivelò inadeguato per l’eccessiva distanza dal centro e per le ridotte dimensioni della tribuna. Cosi venne presa la decisione di costruire un nuovo stadio nel 1910: Marassi, che venne inaugurato nel 1911 in una partita contro l’Inter. Ma questa è un’altra storia.

Ponte Carrega

Da lì a poco il calcio italiano sarebbe diventato il business che è oggi e gli imprenditori, accortisi delle possibilità di questo sport, investirono anche sugli impianti, insieme alle amministrazioni comunali, e nacquero i leggendari stadi come San Siro. Così come Sandygate Road, a Ponte Carrega è stata scritta la storia, ma a differenza della struttura di Sheffield, non ci si può più immergere nella poesia della prima partita di calcio italiano.

Di certo, le 288 persone quel campo non lo hanno mai scordato. Perché li, tra le strade di Genova, si sono innamorati di una delle cose più belle del mondo: il calcio. Proprio come un giovane ragazzo di Torino che per seguire la partita si mise a vendere dei libri nei giorni prima. Quel ragazzo si chiamava Vittorio Pozzo e, qualche decennio dopo, sarebbe diventato l’allenatore più vincente della storia della nazionale, guidando l’Italia alla vittoria dei mondiali del ’34 e del ’38. Per questo, il modestissimo campo sportivo genovese merita di essere inserito tra i templi del football.