Vlahovic: il nove del futuro dal destino incerto

All’asta del fantacalcio il momento in cui bisogna acquistare gli attaccanti è quello topico. Ognuno arriva con le idee chiare su quello che dovrà essere il bomber in grado di trascinare la squadra a suon di bonus.

I nomi sono sempre i soliti: Immobile, Ibrahimovic, Osimhen, Dzeko, Dybala, Zapata, Lautaro. Sono loro, solitamente, gli acquisti più onerosi dei fantallenatori.

Quest’anno però, molti avranno sicuramente speso buona parte del proprio budget per un ragazzo che come loro è appassionato di fantacalcio. Trattasi di Dusan Vlahovic, e se diciamo che è il 9 più forte della Serie A, forse non stiamo esagerando.

Arriva dai balcani, come tanti dei talenti passati per il nostro campionato, precisamente dalla Serbia, da Belgrado. Fin da piccolo grande tifoso del Partizan, per il quale rifiuta la chiamata della Stella Rossa all’età di quattordici anni per seguire il proprio cuore. Due anni dopo diventa il più giovane esordiente della storia dei bianconeri di Serbia.

Le sue precoci prestazioni non possono passare inosservate. E su di lui, il più lesto ad avventarsi, nell’estate del 2017, è il grande scovatore di talenti Pantaleo Corvino. Il direttore sportivo, che lo acquista insieme a Milenkovic, parla di lui come di un talento folgorante. Un ragazzo, oltre che enormemente dotato tecnicamente e fisicamente, con una grande personalità e sfrontato. Di questo ce ne fornisce una testimonianza Valerj Bojinov. L’attaccante bulgaro, che ha giocato insieme a Dusan al Partizan, ci racconta di un giocatore matto, ma con una smisurata fiducia nei propri mezzi, a tal punto da definirsi il nuovo Ibrahimovic di Belgrado. Tutto questo a soli sedici anni. D’altronde il suo nome, in serbo, deriva proprio da anima, spirito, non potrebbe essere altrimenti.

Nel gennaio del 2018, quando il suo contratto con la Fiorentina diventa ufficiale al compimento dei diciotto anni, sbarca in Toscana, patria ideale per uno che come lui ama la bistecca. A Firenze va a rimpolpare l’elenco di giocatori usciti dalla fucina del Partizan, società tra le migliori in Europa nello sviluppo del settore giovanile, e passati per il capoluogo fiorentino. Prima di lui infatti, a percorrere la stessa tratta sono stati centrali del calibro di Nastasic e Savic, ma soprattutto uno dei suoi idoli d’infanzia, Jovetic.

Arriva con l’obiettivo di fare la spola tra Primavera e prima squadra, ma sotto la guida di Pioli, data anche la giovanissima età, fatica a ritagliarsi spazio. Scende quindi di categoria, andando a fare le fortune dei suoi coetanei. La Viola arriva quinta in campionato, uscendo alle finals contro il Torino, ma si prende la rivincita sui Granata in Coppa Italia. E indovinate chi decide la doppia sfida in finale? Esatto, proprio Vlahovic, con una doppietta all’andata al Franchi, e un cucchiaio dal dischetto al ritorno. Concluderà la stagione con 19 reti in 19 presenze tra campionato e Coppa Italia Primavera. Numeri da grande.

Statistiche che segnano inevitabilmente la fine della sua carriera a livello giovanile e l’affaccio sul mondo della Serie A.

La stagione 2019/2020 è quella che possiamo definire la prima nel nostro massimo campionato. Inizia sotto la guida di Montella, e trova fin da subito un buon minutaggio. Decide da subentrato con una doppietta un turno preliminare di Coppa Italia, contro il Monza. Da lì il vuoto. Il talento serbo, esclusa la doppietta nell’infausta trasferta di Cagliari, vive un periodo difficile, e rischia di perdere il posto da titolare che si stava guadagnando, a scapito di Cutrone e Kouamé. Questa fase complicata termina però in una fredda domenica sera di dicembre.

La Fiorentina, reduce da quattro sconfitte consecutive, ospita l’Inter in piena corsa per il titolo. L’andamento della partita sembra già delineato dopo il più classico dei goal dell’ex di Borja Valero, ma dalla panchina si alza proprio il serbo. Vlahovic entra al posto di Chiesa e ci mette poco più di mezz’ora a pareggiare i conti, al 92º. Esultanza rabbiosa, quasi stizzita, sotto la Fiesole e stadio che viene giù per un goal bellissimo. Dusan pareggia grazie ad una giocata che è un concentrato di forza, precisione e bellezza.

Questa marcatura è il suo biglietto da visita. Riceve palla poco prima del centrocampo, e dopo un controllo un po’ rugginoso, vola verso la porta avversaria. Non basta l’arrivo di Skriniar, con il quale il serbo regge l’urto, e l’angolo di tiro ridotto. Vlahovic lascia partire un mancino tanto violento quanto preciso, e palla sotto l’incrocio dei pali lontano. Un goal questo che mostra un sunto delle sue più grandi doti.

Non basta però la sua prodezza e il pari con i nerazzurri a salvare la traballante panchina di Montella, che viene esonerato dopo la sonora sconfitta contro la Roma della settimana dopo. Al suo posto subentra Iachini, sotto la guida del quale, il serbo racimola tre goal, tra cui la doppietta alla Sampdoria e lo stupendo goal al San Paolo di Napoli.

La stagione della definitiva consacrazione è quella scorsa però. Dopo una prima fase di stagione complicata, in cui tutta la squadra ha faticato, Vlahovic è letteralmente esploso con l’arrivo in panchina di Prandelli. L’ex CT della Nazionale gli affida le chiavi dell’attacco e lui ripaga la fiducia a suon di grandi prestazioni, ma soprattutto di goal. Diventa implacabile sotto porta e finisce la stagione con ventuno goal segnati. La sensazione che però tutti, non solo a Firenze, hanno avuto al termine della scorsa stagione, è stata quella di trovarsi di fronte ad un autentico fenomeno, e non ad un exploit estemporaneo.

Vlahovic la scorsa annata ha segnato in tutti i modi e con grande costanza. Nel 2021 ha viaggiato sulla stessa media realizzativa dei due più grandi esponenti della generazione Z a livello calcistico, Haaland e Mbappé. Tra l’altro, inevitabilmente, è stato anche premiato come miglior under 23 della scorsa Serie A. E anche questa stagione ha cominciato alla grande, con quattro goal e un assist nelle prime sette di campionato. Questo dimostra anche come il sistema di gioco della squadra non influisca sull’alto livello delle sue prestazioni. Non tutti gli attaccanti riescono a passare così facilmente dal giocare con un’altra punta a supporto al giocare con due esterni a fianco.

Un aspetto sul quale, paradossalmente, deve crescere è quello del colpo di testa. Segna troppo poco in questo modo e ingaggia pochi duelli aerei, e di questi ne vince un numero esiguo rispetto a quelle che sono le sue potenzialità, data anche la stazza. Anche l’uso del piede destro, sul quale fa poco affidamento, risulta difettoso, e lo porta a forzare giocate, spesso molto difficili, col sinistro.

Dovesse riuscire a lavorare su questi aspetti, ci troveremmo davanti ad uno dei centravanti più completi del panorama europeo.

Se prima arrancava anche nel gioco spalle alla porta, ormai è tra i migliori della Serie A anche in questo. Vlahovic è anche molto intelligente tatticamente. Comprende quando è il momento di abbassarsi per dare una mano alla manovra, e allo stesso tempo ha ottimi tempi di inserimento. Si lancia quasi sempre negli half spaces, la zona tra la fascia centrale del campo e quella laterale, attirando a sé avversari e liberando spazio per l’inserimento dei compagni. Un aspetto questo fondamentale nel gioco di Italiano, che sfrutta molto le incursioni delle mezzeali.

Abilissimo a controllare palloni di qualsiasi difficoltà, a proteggerli dall’avversario e a far salire la squadra. Se poi decide di girarsi, diventa indomabile. In progressione, grazie al suo fisico statuario sul quale lavora anche da solo a casa, diventa molto difficile da fermare e gli avversari che lo vanno a contrastare sembrano rimbalzargli addosso. Spesso però, come un cavallo con il paraocchi, non guarda da nessun’altra parte e si intestardisce a voler tentare a tutti i costi la giocata, ignorando il supporto dei compagni. Certo però, è che quando gli riesce può essere letale per la retroguardia avversaria, data la grande tecnica, ha la possibilità di optare per qualsiasi soluzione offensiva. Non vanno poi dimenticate le sue doti balistiche, infatti è anche un grande tiratore dalla distanza, vedi terzo goal al Benevento lo scorso anno.

Negli ultimi giorni però, più che far parlare di sé per giocate dentro al campo, lo sta facendo per bisticci fuori. Commisso ha dichiarato che il centravanti ha rifiutato la proposta di rinnovo che lo avrebbe reso il più ricco della storia Viola. Un fulmine a ciel sereno, che fa cadere ai tifosi fiorentini un mito che si stava creando di domenica in domenica, e divide i tifosi tra chi lo farebbe continuare a giocare e chi lo manderebbe in tribuna fino alla cessione. Tutti si dicevano fiduciosi sulla sua firma. Una fiducia dovuta anche a sue dichiarazioni riguardo all’amore per Firenze e alla bellezza della città. Nella speranza che al rientro dalla nazionale possa rompere con il suo storico procuratore Ristic e riprendere le trattative per il rinnovo, a gongolare ci sono i top club europei.

Oggettivamente a chi, anche tra le più grandi, non farebbe comodo il serbo? Alla Juve diventerebbe il leader offensivo del presente e del futuro, giocando in coppia con Dybala. Anche al Milan farebbe più che comodo, dove potrebbe apprendere l’arte del mestiere da due docenti come Giroud e Ibrahimovic. Nell’Inter potrebbe prendere il posto dell’ormai trentacinquenne Dzeko e formare un tandem favoloso con Lautaro. Spostandoci all’estero, il BVB ci aveva pensato in estate in caso di partenza di Haaland, così come il Tottenham, alle prese con la grana Kane. Anche se sarebbe intrigante vederlo in mezzo tra Salah e Mané nel Merseyside. In estate era stato dato vicinissimo all’Atletico Madrid, dove ad adesso andrebbe a completare un reparto stellare con Suarez, Griezmann e Joao Felix. Lo stesso Guardiola aveva mostrato gradimento nei suoi confronti.

Vlahovic in questo momento è di fronte alla più importante sliding door della sua carriera. L’unica certezza è quella riguardante le sue qualità. Dusan è uno dei centravanti più promettenti e forti del panorama europeo, e ovunque continuerà a scrivere la propria storia lo farà grandiosamente.